La morte del Capitano De Grazia: “Si indaghi per omicidio”
Rinnovato appello in occasione dell’anteprima nazionale del docufilm ‘Il veleno della mafia e la legge europea del silenzio’
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fonte: ReggioTV
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REGGIO CALABRIA 13-12-2017 - 22 anni fa, il 12 dicembre del 1995, moriva all’età di 39 anni, il Capitano Natale De Grazia. Una morte improvvisa avvenuta dopo aver mangiato in un ristorante di Campagna (in provincia di Salerno), mentre, scortato da due carabinieri, si recava a La Spezia per rendere dichiarazioni in tribunale in merito alle indagini che da qualche tempo stava conducendo per conto del pool investigativo della Procura di Reggio Calabria relative al traffico di rifiuti tossici e radioattivi su espressa richiesta del Procuratore Capo di allora, Francesco Scuderi che fin da subito ha ritenuto essenziale, quanto preziosa, la sua collaborazione.
Una morte misteriosa. Dopo anni all’insegna della ricerca della verità e ben due autopsie ufficiali, effettuate nel 1995 e nel 1997, secondo le quali il decesso fu provocato da cause naturali, nel 2012 si ebbe la svolta grazie al lavoro istruito dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e alla perizia di un consulente della stessa che individuò quale fonte del malore di De Grazia la “causa tossica” che equivale, sostanzialmente, ad un avvelenamento.
“Chi abbia operato questo, in quale contesto si sia mosso non si sa, certamente – ribadisce oggi a Rtv Nuccio Barillà del direttivo nazionale di Legambiente – viene da pensare che gli obiettivi fossero quelli di fermare l’azione di chi, più di altri, era a un passo dall’individuazione della verità”.
E nei fatti, dopo la prematura scomparsa dell’apprezzato capitano di corvetta, “punta di diamante” del pool voluto da Scuderi, le indagini sulle cosiddette “navi a perdere” subirono un duro colpo.
“Dopo la rivelazione dell’accertamento che la morte di Natale De Grazia non era per morte naturale ci saremmo aspettati una riapertura dell’indagine per omicidio. Questo non c’è stato. I magistrati di Nocera Inferiore (procura che si occupò per prima della morte del capitano di corvetta, proprio perché il decesso avvenne in quel territorio, ndr), tuttavia – ricorda ancora Barillà – hanno ritenuto non ci fossero, sulla base di quella perizia, le condizioni per riaprire le indagini. Solo che, intanto, altri documenti desecretari, altri documenti delle inchieste, altre carte si sono accumulati e ciò renderebbe doveroso, oltre che necessario, riaprire quelle indagini”.
“Scoprire chi e cosa si è mosso dietro la morte di Natale De Grazia significa non solo indagare sul caso specifico, ma andare a mettere una luce, finalmente, sui tanti misteri che riguardano i traffici internazionali di rifiuti che hanno coinvolto non solo la ‘ndrangheta, ma hanno visto protagonisti gli industriali del Nord, Governi e Servizi di diversi Stati, complicità varie – conclude Barillà – uniti dall’interesse dello sporco denaro”.
Da qui l’intento del Docufilm “Il Veleno della mafia e la legge europea del silenzio”, (produzione franco-tedesca, realizzato dal noto regista-giornalista Christian Gramstadt, con la collaborazione del giornalista italo-tedesco Sandro Mattioli e della produttrice RAI Patrizia Venditti), nella cui versione italiana, è stato in anteprima proiettato a Reggio Calabria, la città che non solo ha dato i natali a De Grazia, ma da cui sono partite proprio le indagini sulle navi dei veleni e il traffico internazionale dei rifiuti radioattivi: “accendere i riflettori su una vicenda che ha risvolti che vanno ben oltre i confini della Calabria e dell’Italia”. C’è la ferma volontà a mantenere viva la memoria su una delle vicende ancora irrisolte del nostro Paese. E la significativa partecipazione di gente, a gremire la sala del Cine-Teatro Metropolitano del Dopolavoro ferroviario, non solo è la conferma di come le questioni ambientali siano particolarmente sentite da queste parti, ma vuole essere anche uno stimolo a istituzioni e a magistratura affinché vadano fino in fondo, lungo la strada già tracciata dal Comandante Natale De Grazia.