L’intervento del portavoce del comitato De Grazia durante l’incontro con Maurizio Landini (Cgil)
«Nel fiume Oliva sono stati accertati i reati di disastro ambientale e di avvelenamento delle acque» è quanto ha affermato Gianfranco Posa, portavoce del comitato Natale De Grazia, durante il suo intervento nel corso del dibattito sulla Bonifica del territorio organizzato dalla CGIL di Cosenza e Castrovillari (il 14 gennaio) ed al quale ha partecipato anche il segretario nazionale del sindacato Maurizio Landini. Posa ha inteso fare chiarezza sulla vicenda dell’Oliva citando due documenti ufficiali che riguardano il caso dell’Oliva: La sentenza della Corte d’Assise di Cosenza e l’Analisi del rischio elaborata da Ispra e Arpacal.
Secondo l’ambientalista, la sentenza della Corte d’assise di Cosenza che ha assolto gli imputati – perché non è stata dimostrata la loro responsabilità “oltre ogni ragionevole dubbio” – ha però confermato che nell’Oliva è stato perpetrato un disastro ambientale, che si è consumato in trent’anni di interramenti sistematici di rifiuti, una quantità di veleni stimata tra 160 e 180 mila metri cubi, pari a circa 15mila viaggi di camion. Tra questi rifiuti, anche fanghi industriali contaminati da metalli pesanti (arsenico, manganese, mercurio, cobalto, cadmio, cromo, idrocarburi e il radionuclide artificiale Cesio137), sostanze che possono indurre malattie tra cui quelle tumorali. Interramenti che hanno interessato le falde acquifere tanto da essere riscontrato il reato di avvelenamento delle acque, sia di superficie che di falda. Acque che secondo la Procura venivano utilizzate per l’irrigamento dei campi e – fatto ancora più grave – per fornire acqua potabile in alcune case della frazione di Campora San Giovanni attraverso la sorgente Cannitello, che si trova in località Foresta (Serra d’Aiello), una delle più inquinate dell’Oliva.
L’analisi del rischio invece, ha stabilito che non vi è un pericolo “attuale” per la popolazione residente, ma lo ha fatto sulla base di analisi effettuate diversi anni dopo l’interramento (da venti a trenta anni di distanza) e tenendo conto solo dei rilievi effettuati dalle Arpa regionali e dall’Ispra senza prendere in considerazione i risultati delle analisi effettuate dai consulenti della Procura.
L’analisi del rischio, nella parte conclusiva, stabilisce che «pur non rilevando condizioni di rischio, permanendo, a tutt’oggi, i rifiuti all’interno dell’alveo del Fiume Oliva, gli stessi soggiacciono a quanto prescrive l’art. 192 del D.Lgs. 152/06, che stabilisce “il divieto di abbandono e deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo e l’obbligo di avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi”. Qualora la rimozione dei rifiuti non fosse possibile, potrà essere contemplata la messa in sicurezza permanente». Anche perché i rifiuti , esposti all’erosione della acque, potrebbero essere intercettati e riportati in superficie.
L’Arpacal ha poi soffermato le sue attenzioni su un terreno adiacente il campo sportivo di Campora, sempre nella vallata dell’Oliva, risultato contaminato da amianto (Tremolite). Per questo sito l’Arpacal ribadiva la messa in sicurezza di emergenza – che non è mai stata realizzata – e la redazione di un piano di caratterizzazione e, ove le analisi avessero confermato la presenza di amianto, la necessità di smaltimento di tale materiale in discariche autorizzate.
«La competenza della rimozione dei rifiuti o della messa in sicurezza dell’area spetta alla Regione Calabria – ha ribadito Posa – che fino ad oggi, nonostante l’analisi del rischio sia stata depositata nel 2016, non si è ancora attivata». Per tale ragione il comitato De Grazia auspica la convocazione di una conferenza di servizi visto che, per quanto riferito dall’assessore regionale all’Ambiente, pare siano disponibili nelle casse regionali i fondi per risanare i territori.