Valle Oliva: resoconto della commissione Envi (UE)
Pubblicata la relazione della commissione Envi del Parlamento europeo sullo stato del fiume Oliva.
I commissari che sono stati ad Amantea dal 23 al 25 novembre scorso: “Nessuno cerca seriamente di risolvere il problema”
di Ernesto Pastore su” Gazzetta del Sud”
Amantea, 07 feb. 2012 – Un quadro d’insieme che conferma le criticità già emrse nel corso di questi anni e che attestano il valore delle indagini compiute dalla Procura della Repubblica di Paola. La relazione redatta dalla delegazione della Commissione Envi, che nei mesi scorsi su iniziativa dell’europarlamentare Mario Pirillo ha effettuato una ricognizione lungo il greto del fiume Oliva, mostra con cognizione di causa le problematiche di un territorio che deve essere bonificato con la massima urgenza.
Durante il periodo di permanenza ad Amantea la delegazione composta dallo stesso Pirillo e da Judith Merkies, Miroslav Mikolášik, Radvilē Morkūnaitē-Mikulēnienē, Anna Rosbach e Sabine Wils ha esaminato i problemi relativi al mancato smaltimento di rifiuti tossici e di altre questioni legate all’inefficace attuazione della legislazione ambientale tutt’ora vigente.
I membri della delegazione, nel corso dei colloqui intercorsi con i tecnici che hanno gestito i campionamenti di terreno nella valle dell’Oliva che sono costati oltre un milione di euro, hanno chiesto di conoscere quale fosse l’origine di tutti i metalli pesanti e delle sostanze tossiche ritrovate ed il tipo d’industria presente in questa zona. Una domanda che resta tutt’ora senza risposta: non è possibile infatti stabilire la provenienza di tali elementi in quanto sono oramai stratificati. Sta di fatto che in Calabria, così come attestano le analisi compiute fino ad ora, non esistono industrie che producono tale tipologia di rifiuti.
«Gli esperti dell’Arpacal – si legge nella relazione – hanno informato i membri che l’alveo del fiume Oliva fosse usato già a partire dalla fine degli anni Ottanta per lo scarico di rifiuti illegali provenienti da fuori Calabria».
Secondo le organizzazioni non governative “si tratterebbe di discariche abusive provenienti dal traffico nazionale di rifiuti tossici che venivano interrati nella valle del fiume con conseguente inquinamento delle falde acquifere”.
«I carotaggi – prosegue la relazione della commissione Envi – hanno mostrato un’elevata concentrazione di Cesio 137, sostanza che non si trova in natura ed il 10 percento della popolazione che vive nella zona è stata colpita da tumori. L’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) spiega la presenza di questa radioattività con l’incidente di Chernobyl avvenuto nel 1986. Ma il procuratore capo di Paola Bruno Giordano non accoglie questa spiegazione poiché la presenza di Cesio 137 è stata dimostrata non solo negli strati superiori del terreno, ma anche per profondità fino a sei metri». L’ipotesi che ci sia stato uno smaltimento illegale di sostanze radioattive e di altri rifiuti pericolosi che hanno causato la contaminazione radioattiva del sito e impatti sulla salute della popolazione è dunque ancora valida.
Nell’ultima parte della relazione che riguarda specificatamente il fiume Oliva i delegati europei s’interrogano sulle possibili minacce per la salute, chiedendo come mai non sia stato ancora disposto nessun progetto di bonifica e di recupero della zona e chi avrebbe sostenuto i relativi costi. È la stessa risposta che vorrebbero coloro che vivono da queste parti e che hanno visto i propri familiari morire.
Le conclusione del rapporto Envi
Il motivo della visita della delegazione in Calabria è stato quello di verificare le denunce relativi allo smaltimento di rifiuti tossici e di altri problemi relativi all’applicazione della legislazione ambientale in questa regione, in particolare nella valle del fiume Oliva, in provincia di Cosenza, dove esperti dell’A.R.P.A.CAL (Agenzia di Protezione Ambientale della Calabria) hanno trovato grandi quantità di rifiuti tossici scaricati illegalmente nei luoghi naturali (tra le altre il cesio 137 radiattivo), così come nella zona di Crotone, dove l’azienda “Pertusola sud”, ora dismessa, ha prodotto gravi danni all’ambiente e alla salute dei cittadini in una vasta area della Calabria.
Oltre all´utile contributo dato dalle ONG, la delegazione ha appreso delle indagini effettuate da ISPRA e da ARPACAL ma si rammarica che le informazioni siano rimaste piuttosto a livello tecnico.
Durante la maggior parte degli incontri i Membri hanno rivolto le stesse domande ottenendo spesso delle risposte vaghe, come ad esempio spiegando che la persona aveva assunto la carica solo pochi anni fa. L’impressione generale era che, oltre a una situazione difficile a causa di molti livelli di governo, nessuno ha voluto assumersi alcuna responsabilità. I Membri hanno riscontrato una mancanza di trasparenza e una mancanza di fiducia sia negli enti pubblici che tra la popolazione. Erano rammaricati di non vedere nessuna idea o volontà politica o piani d’azione concreti per risolvere i problemi alla radice, ma solamente accuse reciproche motivate politicamente. Per quanto riguarda gli incontri con i procuratori, i Membri hanno avuto la sensazione che alcune informazioni sono state confidenziali visto il non coinvolgimento delle rappresentanze della società civile.
Durante la visita i Membri hanno avuto l’impressione che ci fosse un problema generale e strutturale e che la situazione in Calabria non sembra essere più grave che in altre regioni italiane. L’Italia è spesso in ritardo quando si tratta di applicare la legislazione ambientale (in particolare nel campo dei rifiuti), ed anche se e´uno Stato membro fondatore dell’Unione europea, manca ancora di una buona struttura per lo smaltimento dei suoi rifiuti. Ciò che ha colpito i Membri, però, è che nessuno cercasse seriamente una strategia per risolvere questo ma che la gente piuttosto aveva l’abitudine di rivolgersi verso l’UE chiedendo aiuto affinché ci sia un maggior controllo del diritto ambientale europeo.
scarica qui il documento originale: envi-calabria-nov2011en