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Processo Oliva. Assolti tutti gli imputati “per non aver commesso il fatto”

15 marzo 2017

La Corte d’assise di Cosenza ritiene che non sia stato dimostrato, durante il processo, la piena responsabilità dell’imprenditore Coccimiglio e dei proprietari dei terreni per il disastro ambientale del fiume Oliva.

di Bruno Pino

Cosenza, 6 marzo 2017 – Cesare Coccimiglio, imprenditore di Amantea accusato di disastro ambientale e avvelenamento delle acque, insieme agli altri 4 coimputati proprietari dei terreni risultati inquinati. ovvero Vincenzo Launi, Giuseppina Marinaro, Antonio Sicoli e Arcangelo Guzzo, ieri mattina, al termine del processo Valle Oliva, sono stati assolti dalla Corte d’Assise di Cosenza, per non aver commesso il fatto.

Dopo una camera di consiglio durata poco più di un’ora, la Corte presieduta da Giovanni Garofalo (a latere De Vuono) ha dunque assolto tutti gli imputati del procedimento penale iniziato nell’aprile del 2013, ai sensi dell’articolo 530, commi 1 e 2, del Codice di procedura penale. Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni. Solo in seguito, una volta lette le motivazioni che hanno determinato l’assoluzione – così ha fatto sapere il Pubblico ministero della Procura di Paola, Maria Francesca Cerchiara, che ha preso le redini del processo solo dallo scorso ottobre – si valuterà un eventuale ricorso. La pm Cerchiara – che ha dovuto studiarsi la documentazione prodotta nel corso delle indagini, e quella prodotta in fase dibattimentale – aveva chiesto 16 anni e mezzo per Coccimiglio e l’assoluzione per i coimputati Launi, Marinaro, Sicoli e Guzzo. Nella sua requisitoria, la pm aveva detto chiaramente che si trattava di un processo indiziario, perché l’imputato principale non è stato mai trovato ‘con la pistola fumante’, sebbene quanto avvenuto non poteva non ricondursi all’azione del Coccimiglio. Accuse che l’avvocato Nicola Carratelli aveva contestato sostenendo l’inesistenza di alcun nesso di causa tra l’inquinamento del fiume Olivo e l’attività imprenditoriale del suo assistito.
Ieri mattina, in aula, delle parti civili costituitesi in giudizio (Verdi, WWF, Legambiente, Anpana, Ministero dell’Ambiente, Regione Calabria, comuni di Amantea, Serra d’Aiello, San Pietro in Amantea, e altre parti civili), c’era il portavoce del Comitato Natale De Grazia di Amantea. «Attendiamo di leggere le motivazioni – ha dichiarato Gianfranco Posa -, ma per chi ha seguito tutte le fasi del processo, come noi, la sentenza di assoluzione non ci sorprende poiché, nonostante durante il dibattimento sia stato ampiamente dimostrato il disastro ambientale perpetrato nell’Oliva, non è stato dimostrato con certezza la responsabilità degli imputati, almeno nel processo di primo grado. Resta la necessità di rimuovere e mettere in sicurezza l’area inquinata, con il rammarico che a pagarne le spese sarà la comunità non essendo stato individuato un responsabile. A tal proposito – ha aggiunto il rappresentante del Comitato civico intitolato al capitano Natale De Grazia -, nei prossimi giorni saremo a Bruxelles per chiedere alla comunità Europea la costituzione di un Fondo europeo al quale le comunità locali possano attingere nel caso sia impossibile individuare i responsabili dei disastri ambientali».
Se da una parte si conclude, almeno per ora, l’aspetto giudiziario, dopo una ventina e passa udienze e le tante testimonianze di accusa e difesa, la preoccupazione dei cittadini del comprensorio amanteano, è la bonifica dei siti interessati dall’interramento di rifiuti tossici pericolosi per la salute, stimati in circa 160 mila metri cubi. L’analisi del rischio è stata completata pochi mesi fa dall’Arpacal, e anche se più rassicuranti, le condizioni ambientali sono pur sempre critiche. Ora toccherà alla Regione Calabria prendere in esame le risultanze scientifiche e quindi procedere con gli interventi necessari.

 

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