Archivio

Archivio per la categoria ‘Attività del Comitato’

Lago. Comune approva delibera per realizzare una discarica a Terrati nei pressi del Fiume Oliva

13 gennaio 2011 Commenti chiusi

Dopo la riunione di qualche mese fa tenutasi a Lago tra i sindaci del comprensorio e l’assessore regionale all’Ambiente Pugliano, prende corpo il progetto per realizzare una discarica nella frazione di Terrati, precisamente in località Giani. Stessa località dove è stato sequestrato un vasto appezzamento di terreno dalla procura di Paola nel corso delle indagini sull’inquinamento dell’Oliva, perchè risultato contaminato da tonnellate di rifiuti pericolosi. Quindi dovrebbe rientrare nei lavori di bonifica che si dovranno realizzare nel torrente. L’amministrazione comunale di Lago ha comunque approvato –  secondo quanto dichiarato alla stampa dai consiglieri di opposizione, –  il progetto preliminare e definitivo per la realizzazione della disccarica.

Discarica di Terrati (confinante con il torrente Oliva). Il consigliere Aldo Barone attacca l’amministrazione

Fonte “Il Quotidiano della Calabria” del 12 gen. 2011 pag. 31

Una veduta di Terrati

LAGO, 12 gen. 2011- Con delibera di giunta n. 91 del 30/09/2009 “Realizzazionenuova discarica”- Approvazione progetto preliminare e definitivo -, presenti e favorevoli il sindaco Cupelli e gli assessori pro tempore Filice, Barone G., Bilotta, Bruni, De Simone, Scanga, l’Amministrazione comunale farà realizzare una nuova discarica consortile in località “Giani”, vicino località Terrati.

Sembra un paradosso, perché sempre a Giani è stato avviato l’iter per la bonifica dei rifiuti della vecchia discarica. E a nulla valgono le proteste e gli insegnamenti delle popolazione di Rossano, San Calogero, Placanica, Scandale, di Pianopoli e, comunque, di tutta l’Italia.

«Una delle tante contraddizioni di questa amministrazione – denuncia il consigliere del Gruppo Rinascita Lago,Aldo Barone- che, pur di recuperare soldi per far quadrare un sempre più disastroso bilancio, non bada ai rischi che potrebbero abbattersi sulla salute dei nostri concittadini, specialmente quelli di Terrati».

Considerato che la vallata di Giani finisce nel fiume Oliva, che tanta eco ha destato a livello nazionale in quanto lungo il suo corso sono stati rivenuti dei rifiuti interrati invarie parti, si andrebbero ad aggravare le già precarie condizioni ambientali del territorio. Anche perché studi recenti effettuati dal Cnr in Campania, dimostrerebbero un incremento dei fattori di rischio per la salute: +9-12% di mortalità, +84% di malformazioni.

La protesta dell’opposizione continua che chiosa «non c’è tanto da vantarsi se Lago e Terrati diventeranno la pattumiera della Calabria. Sarebbe stato meglio se si fosse pensato a portare attività produttive, turismo o possibilità di sviluppo».

n. o.

Categorie:Attività del Comitato Tag:

Amantea, Coreca fa ancora discutere

8 gennaio 2011 Commenti chiusi

Amantea, cattivi presagi sulla scogliera di Coreca

Il progetto di protezione della scogliera di Coreca suscita polemiche e mobilitazione popolare. Molti cittadini ritengono che si possano trovare delle soluzioni alternative alle solite barriere di massi che hanno un notevole impatto ambientale. Di seguito il contributo di Antonio Cima dell’associazione “Borgo Chianura” : Le barriere soffolte (sotto il livello dell’acqua) che hanno salvato lo scoglio di Tropea.

di Antonio Cima

A. Cima

Amantea, 8 gen 2011 - A scanso d’equivoci una doverosa premessa va fatta: i lavori di difesa della scogliera sono necessari e inderogabili…resta da vedere come realizzarli.

A tal proposito divampa in questi giorni la polemica sulle soluzioni prospettate dall’Amministrazione Comunale, con le delibere 18 e 328/2010, per affrontare e risolvere il problema della erosione della costa sul tratto della rinomatissima scogliera di Coreca a tre km sud di Amantea. Le organizzazioni ambientaliste, sindacati e associazionismo sono mobilitati in un’azione finalizzata a sollecitare interventi compatibili con il contesto ambientale chiedendo che vengano applicati i criteri della VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale) dal parte delle istituzioni preposte.

Non essendo considerata “area protetta” la scogliera di Coreca non è sottoposta a vincoli della VIA e per tale condizione la Regione Calabria ha autorizzato i lavori sul tratto di costa senza particolari condizionamenti. A seguito del movimento popolare determinatosi, il Sindaco Tonnara ha ritenuto opportuno chiedere l’applicazione della VIA dichiarandosi disponibile ad incontrare i promotori delle iniziative di massa a riguardo di Coreca. Intanto sono preannunciati petizioni popolari, raccolte di firme e probabili sit-in. L’importanza del sito di Coreca per la valenza ambientale, paesaggistica, turistica e antropica rende necessaria una rivalutazione della scogliera facendola collocare tra le aree calabresi protette.

Le contestazioni in corso di sviluppo sono scaturite dai contenuti della delibera comunale 328/2010 nella quale viene definito un intervento per la realizzazione di: ”una scogliera foranea di tipo curvo in prossimità dello scoglio di Coreca, per uno sviluppo lineare di ml 107,00 e quota della cresta a +2,00 metri s.l.m. , imbasata alla profondità di 3,5; la mantellata della scogliera è prevista in massi naturali da 3-7 tonnellate disposti su due strati con pendenza 3/2 sul lato mare e sul lato terra” Tale soluzione avrebbe un impatto ambientale terrificante deturpando irreversibilmente la maestosa e ineguagliabile bellezza di Coreca. Più avanti nella presente pagina viene abbozzata una interpretazione grafica di quanto definito nella delibera comunale 328/2010. E’ opportuno che ognuno faccia il proprio mestiere e non derogherò a tale assunto volendo espletare quello degli altri. Da non competente mi sento comunque di evidenziare problematiche analoghe risolte con simbiotico raziocinio ambientale.

Cimento similare si è dovuto affrontare in passato a Tropea per difendere la famosissima isola di S.Maria e la spiaggia di mare grande. E’ stata adottata una soluzione (barriere sommerse o soffolte) che pur salvaguardando l’impatto ambientale ha finora adeguatamente protetto il tratto di costa più famoso della Calabria. Oggi esistono varie soluzioni innovative e certamente ne esiste una appropriata a proteggere Coreca mantenendo intatto il suo fascino: ai tecnici il compito di individuarla. Ovviamente speriamo in tecnici esperti che abbiano già affrontato e risolto tali problematiche e siano in grado di documentare i lavori eseguiti. Per tali lavori sono disponibili 550.000 euro di cui 200.000 finanziati dalla Regione Calabria: mi sento di esprimere una valutazione che ritengo personalmente non avventata sul fatto che, probabilmente, ne occorreranno molti di più: ciò m’induce a riflettere sulla oculatezza dell’analisi di fattibilità. Sulle soluzioni possibili leggere articolo del 7 gennaio pubblicato sul sito De Grazia mediante link sottostante.

Concludo ritenendo probabile che il Sindaco e l’Amministrazione tutta si faranno promotori di soluzioni condivise con la cittadinanza che in varie forme si sta esprimendo; se ciò non dovesse accadere si attiverebbe una mobilitazione di massa, a salvaguardia dello scoglio simbolo dell’identità amanteana, che investirebbe la contenuta Amministrazione che da quasi un anno sta governando in “solitudine” senza opposizione. Ma con le elezioni amministrative alle porte, credo, “emergerà” una opportuna ragionevolezza istituzionale…vedremo.

La Scogliera di Coreca di Antonio Cima

Categorie:Attività del Comitato Tag:

Novità sugli ultimi giorni di De Grazia, i servizi segreti, l’inchiesta sulle navi a perdere

7 gennaio 2011 Commenti chiusi

“Servizi” e rifiuti tossici, si riapre il caso

“Un documento della commissione sul ciclo dei rifiuti,  dimostrerebbe un finanziamento proveniente dal governo Dini ai servizi italiani per la gestione di un traffico di rifiuti nucleari e di armi. Il documento sarebbe ancora secretato, e non ne conosciamo la provenienza” E’ datato 11 dicembre 1995. Il 13 moriva il capitano di corvetta Natale De Grazia.

Andrea Palladino su “Il Manifesto”

Natale De Grazia

È un’aria strana quella che tira dalle parti di palazzo San Macuto. Via del Seminario, in piena Roma barocca, è sempre stata la sede dei misteri italiani. Qui passò Nilde Iotti, quando presiedeva la commissione sulla P2. Qui si affacciava Carlo Taormina, quando preparava la vergognosa relazione finale sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. E qui la commissione bicamerale sui rifiuti, presieduta da un altro avvocato celebre, Gaetano Pecorella, prepara oggi la fase finale del dossier sulle navi dei veleni.

La testimonianza di Francesco Fonti e la vicenda del cargo Cunski sembrano ormai archiviate, sepolte. Manca una spiegazione decente su questa vicenda, qualcuno che racconti perché per cinque anni si è dato credito alla storia dell’ex collaboratore di giustizia che oggi tutti giudicano inattendibile. O è un folle, oppure le sue parole nascondevano – e nascondono – qualcos’altro.
C’è una pista che preme particolarmente alla commissione. Un filo che riporta al 1995, ai mesi che hanno preceduto la morte del capitano De Grazia, l’ufficiale della marina – medaglia d’oro alla memoria – che stava ricostruendo le rotte della navi a perdere, delle carrette cariche di scorie affondate nel mar Mediterraneo. Indagini che sono morte insieme a lui, che nessun altro uomo della nostra Marina Militare ha avuto il coraggio e la forza di riprendere.
Nei mesi scorsi sono entrati in gioco i servizi di sicurezza, vero enzima dei segreti italiani. Tra le carte della commissione Pecorella c’è un documento che promette rivelazioni scottanti. È datato 11 dicembre 1995, e dimostrerebbe – secondo alcune indiscrezioni – un finanziamento proveniente dal governo Dini ai servizi italiani per la gestione di un traffico di rifiuti nucleari e di armi. Il documento sarebbe ancora secretato, e non ne conosciamo la provenienza, che, in questi casi, non è un fattore secondario. Ma è la data del documento a colpire, a ricollegarsi – in una incredibile coincidenza temporale – con la morte del capitano di corvetta Natale De Grazia.

Nome in codice Pinocchio

È il 13 maggio 1995. Davanti agli uomini della forestale guidati dal colonnello Rino Martini si presenta una fonte confidenziale. Viene ascoltato con il patto di non rivelare la sua identità, utilizzando un articolo del codice di procedura penale specifico, che serve a tutelare i confidenti. Il suo racconto punta il dito su un personaggio chiave del mondo delle scorie pericolose, Orazio Duvia. È un imprenditore di La Spezia, a capo della mega discarica di Pitelli, una vera e propria piattaforma logistica dei rifiuti tossici. Il confidente – che si fa chiamare, con una certa ironia, Pinocchio – spiega quali sono i presunti legami di Duvia con il mondo delle fabbriche di armi e con quel groviglio di poteri che ancora oggi dominano la città di La Spezia. Alla fine della sua lunga deposizione parla di una nave, affondata al largo delle coste ioniche – a capo Spartivento – la Rigel. Un cargo che, secondo “Pinocchio”, era pieno di «materiale nucleare (uranio additivato)».
La testimonianza è fondamentale. È la prima volta che nell’inchiesta allora condotta dalle Procure di Reggio Calabria – Francesco Neri – e di Matera – Nicola Maria Pace – appare la pista della nave Rigel. Quel verbale è un vero punto di svolta.

«Affondamenti sospetti»

Il periodo tra il maggio e il dicembre del 1995 è frenetico. Natale De Grazia è la persona del gruppo che si dedica alla ricostruzione delle rotte delle navi a perdere, a partire dalla Rigel. Vengono acquisiti gli atti del processo contro gli armatori e i caricatori della nave, già accusati di truffa all’assicurazione e affondamento doloso dalla Procura di La Spezia. Un processo terminato con una condanna fino al terzo grado per il reato di affondamento doloso, mentre l’ipotesi dell’associazione per delinquere è caduta nel corso del processo.
Rileggere oggi quelle carte conservate negli archivi del Tribunale di La Spezia è però fondamentale per capire il contesto dell’affondamento della nave Rigel, sospettata di aver trasportato uranio additivato. Nell’ordinanza di rinvio a giudizio degli imputati, il giudice istruttore di La Spezia parla non di un singolo affondamento, ma di tante navi affondate in maniera dolosa e sospetta. L’ipotesi era che esistesse «un’associazione criminosa avente lo scopo di commettere più reati di naufragio doloso e truffe aggravate ai danni di varie società di assicurazione». Più naufragi, non solo la Rigel. Ed era questa la pista seguita da Natale De Grazia e la prima, solida conferma giudiziaria dell’esistenza di diverse navi disperse nelle acque del Mediterraneo. Cosa trasportavano? Chi ha organizzato l’affondamento?

Una questione di Stato

I magistrati si rendono subito conto che quell’indagine è esplosiva. Pensare a traffico di rifiuti nucleari, gestiti da gruppi massonici e criminali, per poi essere gettati in mare, faceva tremare i polsi anche ad investigatori testardi come De Grazia. Perché era evidente che un traffico del genere non poteva avvenire senza la copertura di parti importanti dello stato. Pensando, poi, al centro della rete, la città di La Spezia, sede di basi Nato, della Marina Militare, del centro di addestramento dei reparti speciali, di fabbriche di armi, era evidente che far uscire una nave carica di uranio non poteva essere un gioco per semplici truffatori.
E così i magistrati in quei mesi scrissero al Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. Lo ricorda Francesco Neri, nella sua testimonianza del 1997 durante l’inchiesta per la morte di Natale De Grazia: «Ricordo che unitamente al collega Pace della Procura circondariale di Matera comunicammo al Capo dello Stato che le indagini potevano coinvolgere la sicurezza nazionale, inoltre poiché fatti di questo tipo potevano essere a conoscenza del Sismi ancor prima dell’ingresso del capitano De Grazia nelle indagini chiesi al direttore del servizio di trasmettermi copia di tutti gli atti che potevano riguardare il traffico clandestino di rifiuti radioattivi con navi». Informative dei servizi poi realmente confluite negli incartamenti dell’inchiesta. Dunque, l’intelligence italiana conosceva sicuramente l’indagine sulle navi.

Un tragico dicembre

Natale De Grazia era sul punto di chiudere le indagini. Aveva già programmato di utilizzare le festività di fine anno per preparare un rapporto finale, con le conclusioni della lunga inchiesta. Il sei dicembre a Reggio Calabria viene sentito – per la seconda volta – il teste “alfa alfa”, ovvero Aldo Anghessa. Oscuro trafficante, fortemente sospettato di agire spesso per interessi non chiari o come agente provocatore, due giorni prima del ponte dell’immacolata depone davanti a Natale De Grazia. E introduce un nuovo nome, che sarà fondamentale per l’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi, Giampiero Sebri. «È disposto a collaborare», spiega Anghessa. Sebri qualche anno più tardi – nel 1997 – deporrà a lungo davanti ai magistrati della Dda di Milano, raccontando di una organizzazione internazionale specializzata nel traffico dei rifiuti nucleari. Indicherà anche Giancarlo Marocchino e l’ufficiale del Sisde presente in Somalia nel marzo del 1994, Luca Rajola Pescarini, come personaggi coinvolti, a suo dire, nel traffico. Per quelle dichiarazioni venne condannato per calunnia, condanna penale poi revocata qualche mese fa dalla Corte di Cassazione.
Quattro giorni dopo l’interrogatorio Natale De Grazia, insieme al maresciallo dei carabinieri Nicolò Moschitta, riceve sei deleghe dal procuratore Neri, per compiere indagini a La Spezia e a Como. Chi doveva incontrare De Grazia non lo sappiamo. Il 12 dicembre parte e a mezzanotte viene stroncato da un arresto cardiaco, in circostanze mai chiarite.

I servizi segreti

Il documento arrivato nei mesi scorsi negli uffici della commissione Pecorella che dimostrerebbe l’erogazione di fondi ai servizi segreti per la gestione dei rifiuti nucleari e di armi ha la data – secondo quanto riportato dal quotidiano Terra – dell’11 dicembre 1995, ovvero il giorno prima del viaggio di De Grazia. Il capitano di corvetta sentiva il pericolo come vicino, vicinissimo. Lo raccontava al cognato, mentre da qualche mese – dopo una perquisizione decisamente anomala a Roma – aveva il timore di entrare in contrasto con pezzi importanti dello stato. Sapeva di essere vicino alla verità, e questo lo preoccupava. Quello che probabilmente non sapeva era che quello stesso stato che gli pagava lo stipendio per bloccare i traffici criminali di rifiuti e di armi, finanziava – segretamente – chi quei traffici li copriva o, addirittura, li organizzava.

Categorie:Attività del Comitato Tag:

Coreca, parziale dietrofront. Dopo le proteste degli ambientalisti il sindaco Tonnara decide di chiedere la Via

7 gennaio 2011 Commenti chiusi

Tonnara: «Prima dell’inizio dei lavori, chiederemo che venga effettuata la valutazione d’impatto ambientale,  se necessario anche a spese del Comune»

di Paolo Orofino su “Il Quotidiano della Calabria”

scoglio di coreca

AMANTEA – «Prima dell’inizio dei lavori, chiederemo che venga effettuata la valutazione d’impatto ambientale, la cosiddetta Via, se necessario anche a spese del Comune». Lo afferma il sindaco di Amantea, Franco Tonnara, che assieme agli altri componenti della giunta municipale, ha firmato la delibera con cui si prevede un intervento a mare, nei pressi dello scoglio di Coreca, che sarebbe finalizzato alla protezione di quel tratto di litorale, soggetto da anni ad un insistente fenomeno di erosione costiera. Gli effetti che l’erosione costiera ha prodotto in questi anni sulla spiaggia di Coreca sono evidenti nelle foto che pubblichiamo in questa pagina. Ma se il male è conosciuto in maniera unanime, non così l’eventuale cura. Il sindaco di Amantea così replica al comunicato di protesta del Wwf, sceso in campo contro la suddetta delibera che prevede la realizzazione dei famigerati pennelli creati da massi. Tonnara, poi, si è detto stupito della notizia pubblica dal Quotidiano, secondo cui la zona di Coreca, con il grande e caratteristico scoglio, simbolo del litorale amanteano e della costa tirrenica cosentina, non venga riconosciuta come “area protetta”. Prosegui la lettura…

Categorie:Attività del Comitato Tag:

Coreca: prima abbiamo cementificato e ora proteggiamo con i massi

6 gennaio 2011 Commenti chiusi
Una vergogna dipinta con i “pennelli”

«La vicenda di Coreca è sintomatica della scarsa attenzione che abbiamo per il nostro territorio e che ha permesso nel corso degli anni di infarcirlo dei veleni più impensati e di sfregiarlo nella maniera peggiore»

di Massimo Clausi

Coreca vista da Sud

Amantea, 05 gen. 2011 - In Questi ultimi giorni sui social network, sui telefonini, sui siti Internet impazza il video della canzone “Qualunquemente (Onda Calabra)”, rilettura alla maniera di Cetto La Qualunque del brano “Onda Calabra” di Peppe Voltarelli e del Parto Delle Nuvole Pesanti.

La canzone farà parte della colonna sonora del film, “Qualunquemente” appunto, di imminente uscita nelle sale.
Un brano della canzone recita così “C’è uno scoglio/ che si è trasformato/in pilastro di cemento armato”. Cetto La Qualunque è
una parodia di un politico medio calabrese. Parodia estremizzata, dirà qualcuno. Ma spesso la realtà supera la fantasia.
È impossibile negare che negli anni del boom economico, quando tutti i calabresi inseguivano il sogno della seconda casa al mare, delle nostre coste è stato fatto scempio. A distanza di anni il mare si è preso la sua rivincita e ha voluto indietro pezzi di litorale, ha risucchiato lungomari costruiti sul bagnasciuga, sventrato case erette sulla spiaggia. Da qui è venuto il secondo colpo mortale inflitto all’ecosistema delle nostre coste: il diffondersi dei cosiddetti pennelli (terribili cordoni di massi in cemento) realizzati magari dalle stesse ditte che negli anni passati avevano provveduto ai prelievi abusivi di sabbia e ghiaia lungo i fiumi. Roba del passato, si dirà. Non proprio. Coreca è una frazione situata 3 km a Sud da Amantea, centro del Tirreno cosentino. Qui si può ammirare uno dei tratti più belli della costa. La scogliera è composta da un grande scoglio ormai fuori dall’acqua, chiamato scoglio di Coreca, moltissimi altri scogli sommersi ed altri che affiorano dalle acque. Il tratto in questione è rilevante non solo dal punto di vista paesaggistico, ma anche ambientale. La limpidezza dell’acqua permette di ammirare anche gli scogli sommersi che costituiscono habitat naturale per molte specie di pesci. Coreca, però, ha un problema.
Daquindici anniaquesta parte la spiaggia prospiciente il grande scoglio si sta ritirando sempre di più. Il Comune allora ha deciso di stanziare un bel po’ di quattrini per il “potenziamento”(così si legge nella delibera) della spiaggia, accendendo un mutuo di 200.000 euro (costo totale previsto per l’investimento è di quasi 500.000). La cosa incredibile di questa delibera
non è tanto che il Comune ha pensato di tutelare la zona con i famigerati pennelli (nella delibera si parla di massi da 3-7 tonnellate) quanto si è scoperto che l’ente ha potuto decidere in tempi record e senza consultare nessuno.
Tutto ciò è stato possibile perché secondo la Regione Calabria, la zona non rientra nelle “aree protette” o nei “siti della Natura
2000”, il che ha consentito alla Regione stessa di approvare l’intervento con lavori proprio a contatto dello scoglio,
escludendo la procedura di Via (valutazione d’impatto ambientale). Il fatto ha fatto ovviamente insorgere gli ambientalisti,
Wwf in testa. Dovrebbe però far riflettere tutti. Non vogliamo passare come i De Santis della situazione (l’avversario politico che Cetto La Qualunque invita cordialmente a farsi gli affari propri), ma viene spontaneo chiedersi come mai non sia protetta
una delle zone più suggestive del Tirreno cosentino. Se non è rientrata questa, chissà quanti altri splendidi scorci delle coste calabrese sono alla mercè di chiunque può, con una semplice domandina al Comune, edificare dove meglio ritiene opportuno. E per fortuna (?) qui stiamo parlando di un intervento pubblico. Insomma la vicenda di Coreca è sintomatica della scarsa attenzione che abbiamo per il nostro territorio e che ha permesso nel corso degli anni di infarcirlo dei veleni più impensati e di sfregiarlo nella maniera peggiore. Tempo fa, parlando con un collega di una testata nazionale dello sviluppo della Calabria questi mi disse «voi calabresi siete matti. Macchè siderurgia, ma quale tessile, ma quale informatica. Voi calabresi dovevate solo creare infrastrutture, sedervi e contare i soldi». Le infrastrutture ancora le aspettiamo, quello che ci ha dato Dio, invece, ce lo stiamo giocando ai dadi.

Categorie:Attività del Comitato Tag:

Amantea: il Wwf critica il progetto per difendere gli scogli di Coreca dall’erosione

3 gennaio 2011 Commenti chiusi

Coreca, una delle più belle spiagge della costa tirrenica, presto sarà protetta dai marosi con una barriera  di massi. Falsetti (Wwf Calabria) chiede al comune di Amantea che vengano coinvolti altri enti per elaborare un progetto meno invasivo «quello attuale manca della Valutazione di impatto ambientale».

- di Francesco Saverio Falsetti*

Coreca, gli scogli

Coreca, gli scogli

Amantea 3.1.2011 – Siamo nel  2011 ma, ciò nonostante, ad Amantea si fanno le stesse scelte degli anni ’80.

Solo da noi la lungimiranza politica poteva proporre di salvaguardare l’ultimo “bel colpo d’occhio” che ad Amantea è rimasto “gli Scogli di Coreca”, solo qui dopo quanti danni hanno provocato i pennelli si potevano proporre, ancora, massi in mare.

Facciamo un po’ di dietrologia: negli anni 70/80/90 si è “chiuso un occhio “ sui prelievi selvaggi di inerti lungo i fiumi, questo ha fatto si che a mare non arrivassero quei materiali necessari  a mantenere, naturalmente,  le nostre spiagge.

Come se non bastasse per proteggere quanto costruito lungo le coste, tante volte abusivamente (quindi si era chiuso l’altro occhio), si è pensato bene di creare dei pennelli emersi lungo la costa (terribili cordoni di massi in cemento) realizzati dalle stesse ditte che negli anni passati avevano provveduto ai prelievi abusivi di inerti.

Come se non bastasse ancora, si è pensato di dare una parvenza “ambientalista” alla cosa, e per un po’ si sono usati massi di cava per proteggere la nostra costa (al danno sommiamo la beffa se si da un’occhiata nell’entroterra – per esempio ad Aiello Calabro – ma non solo ad Aiello, dove sono sparite intere montagne).

Siamo sicuri che in loco ci siano le professionalità necessarie per pensare ad un Piano Integrato che vada a salvaguardare l’intera costa tirrenica – ma se tali professionalità non fossero sufficienti potremmo pensare di coinvolgere Enti come l’Università della Calabria, CNR ed altri per avviare comunque un momento di confronto per cercare la soluzione ai processi erosivi, salvaguardare le nostre coste cercando però tutte le soluzioni riducendo al minimo l’impatto ambientale e salvaguardando la bellezza dei luoghi – fiore all’occhiello di questa nostra terra.

Anche gli abitanti della frazione Coreca vogliono la protezione dell’arenile, ma non con barriere frangiflutti o pennelli emersi addirittura due metri e mezzo sopra il livello dell’acqua – è pensiero comune che una scelta così scellerata ammazzerebbe Coreca con il suo luogo simbolo (Lo Scoglio) e, probabilmente, anche l’immagine stessa di Amantea.

Secondo noi ambientalisti  esistono metodi meno impattanti come il cosiddetto “ripascimento morbido” consistente nel versamento di sabbia dove necessario e la costruzione di barriere soffolte, quindi al di sotto del pelo dell’acqua.

Altrove le barriere di massi  e/o i pennelli sono solo “un brutto ricordo”, ormai l’erosione si combatte con nuove tecnologie per esempio  per quanto riguarda i pennelli, ovvero le dighe perpendicolari alla riva, si realizzano soffolte (sotto il livello del mare) e non utilizzando massi, ma geotubi in polipropilene riempiti di sabbia.

Questi geotubi  sono (manufatti realizzati in geotessuti) sono in pratica grandi sacchi posati sul fondo che agiscono allontanando dalla riva le correnti longitudinali alla costa che, diversamente, tenderebbero ad asportare nuove porzioni di arenile.

Il vantaggio di tale tecnologia rispetto alle classiche scogliere in massi è fondamentalmente legato alla semplicità, alla rapidità di posa in opera ed al minor costo, unica necessità uno studio serio ed approfondito delle correnti sottomarine.

Per fare qualche esempio, tale sperimentazione,  è alla base dei lavori alle spiagge dei vip nel sud della Sardegna e degli arenili di Sanremo (luoghi dove il territorio è alla base del turismo).

Ai politici ricordiamo che solo facendo tesoro degli errori passati si può rendere un servizio, basti pensare all’erosione creata a sud di ogni pennello o barriera a “T” costruita per rendersi conto di quali siano stati i costi sostenuti per la difesa del litorale e gli effetti devastanti senza arrivare mai alla soluzione del problema.

Nessun politico e nessun tecnico ha mai pagato per i danni causati al territorio, danni derivati da scelte tecnico/politiche, quantomeno scriteriate.

Sempre a chi ci amministra chiediamo come mai si è deciso,  all’unanimità dei presenti,  di escludere il VIA (Valutazione Impatto Ambientale) che è una procedura amministrativa di supporto per l’autorità decisionale finalizzato ad individuare, descrivere e valutare gli impatti ambientali prodotti dall’attuazione del progetto. La procedura di VIA è normata come strumento di supporto decisionale tecnico/amministrativo, con essa si ha la valutazione sulla compatibilità ambientale di un determinato progetto ed è svolta dalla pubblica amministrazione, che si basa sia sulle informazioni fornite dal proponente del progetto, sia sulla consulenza data da altre strutture della pubblica amministrazione, sia sulla partecipazione della gente e dei gruppi/associazioni sociali.

Pertanto riteniamo quantomeno anomalo, che l’intervento proposto in località Coreca di Amantea faccia a meno (per come in delibera del 23/11/2010) del VIA per un intervento sicuramente disarmonico e ripugnante alla vista, ma VIA oltremodo necessario per le conseguenze e gli effetti che tale intervento potrebbe innescare a sud dello scoglio di Coreca.

Tra gli obbiettivi primari del VIA c’ è quello di favorire la partecipazione della gente nei processi decisionali sull’approvazione dei progetti, cosa che non c’è stata, ma ancor più importante è la finalità di valutare le modifiche dello stato ambientale che un intervento sconsiderato come quello ipotizzato in località Coreca produrrebbe e le pressioni antropiche che subirebbe il territorio.

Il WWF rappresentato nel Comitato di Gestione del Parco Marino Regionale si farà portavoce delle istanze di tutela per valutarne l’impatto presso la presidenza del Parco Marino Regionale “Scogli di Isca”.

È evidente che, del nostro territorio non interessa a nessuno, se si considera che ogni giorno dalle pagine dei quotidiani locali si annunciano nuovi candidati per le prossime amministrative, gente che si dice al servizio degli amanteani e di Amantea, ma con grande unità di intendi “nessuno apre bocca” sulla massicciata di fronte allo scoglio di Coreca aprendo spazio a due interpretazioni:

(1)   non ne sanno nulla, quindi mostrano di non vivere il territorio e di non stare tra la gente – pertanto politici mediocri;

(2)   ne sono a conoscenza ma non li riguarda personalmente o più semplicemente se ne fregano – pertanto politici mediocri,

ai cittadini non rimane che raccogliere le solite firme e magari parlarne con quei rompic…..ni di ambientalisti.

Invitiamo tutti, politici in primis, a riflettere su una citazione di José Ortega y Gasset e, magari…… farla propria anche nei fatti Io sono me più il mio ambiente e se non preservo quest’ultimo non preservo me stesso”…chissà che pensando all’ “EGO-IO” non diventiate sensibili…!!!…???

* Consigliere regionale WWF Calabria

Categorie:Attività del Comitato Tag:

Pianopoli: Bloccata la discarica

3 gennaio 2011 Commenti chiusi

I manifestanti preoccupati dai rifiuti sversati senza controllo in una delle poche discariche attive in Calabria e che raccoglie la maggior parte dei rifiuti prodotti nella Regione.

Pianopoli (Cz), 03 dic. 2010 – Alle 23:00 di ieri centinaia di cittadini calabresi si sono dati appuntamento sulla strada che conduce alla discarica di Pianopoli rispondendo all’appello della Rete Difesa del Territorio “Franco Nisticò”.

È stata bloccato l’accesso a quella che è,come attestato dalle fonti giudiziarie, una discarica abusiva che come tante altre, per lo più private, avvelena ed inquina il territorio e le comunità. Non a caso all’appello della RDT non hanno risposto solo cittadini del Lametino, ma anche i comitati di Crotone, Rossano, Cosenza, Reggio Calabria.

Le popolazioni intendono dire basta ad un ciclo di rifiuti che si basa sul business di speculatori e ‘ndrangheta che si cela dietro il ciclo dei rifiuti, nonché ad una gestione commissariale ridicola, che dura ormai quindici anni, e che serve soltanto per sprecare soldi pubblici ed aggirare ogni norma di tutela dell’ambiente e della salute.

L’unica soluzione per quella che è non solo un’emergenza ambientale, ma soprattutto democratica e politica, è un sistema dei rifiuti pubblico e basato sulla raccolta differenziata spinta, porta a porta, finalizzata al riciclo e riutilizzo.

Il presidio ha inoltre chiesto l’intervento del NOE per verificare il contenuti di alcuni automezzi. Quando sono le otto del mattino l’unico intervento dello stato sembra essere l’arrivo del reparto celere.

Il blocco della RdT è un invito a riprendere possesso dei propri territori in prima persona senza delega a politici e istituzioni

giudiziarie. Questo è solo l’inizio di una campagna di mobilitazione che ci vedrà impegnati nei prossimi mesi, discarica per discarica per monitorare e controllare il ciclo dei rifiuti legale e non.

Gli attivisti hanno deciso di togliere il blocco intorno alle 9.00, con l’arrivo dei carabinieri del NOE (Nucleo operativo ecologico) che, su precisa richiesta degli stessi manifestanti, sono intervenuti per verificare i rifiuti che i camion sversano nella discarica.
I rappresentanti della Rdt hanno quindi deciso di recarsi al comune di Pianopoli per tenere una conferenza stampa che inizierà, presumibilmente, intorno alle 10:30 di stamattina (3/1/2011).

Rete per la Difesa del Territorio “Franco Nisticò”

Categorie:Attività del Comitato Tag:

“Passerelle? No Grazie”. I cittadini discutono delle carenti infrastrutture calabresi

31 dicembre 2010 Commenti chiusi

Il 2 gennaio la Rete difesa per il territorio “F. Nisticò”, Rete No Ponte e Comitato ferrovia Ionica si ritroveranno a Roccella per discutere di S.S. 106,  Ponte sullo stretto e tagli di treni delle Ferrovie dello stato in Calabria.

Roccella Jonica (RC) – La protesta studentesca dell’ultimo periodo è il sintomo di un malessere sociale generale, non soltanto legato a questioni che riguardano l’istruzione e l’università. Ci sono, infatti, problemi importanti su cui discutere, che pongono l’attenzione su aspetti altrettanto fondamentali. Nella Locride, argomento annoso e all’ordine del giorno è quello della viabilità. È per questa ragione che Guerino Nisticò, della “Rete in difesa del territorio”, Sandro Gagliardi, del “Comitato ferrovia ionica” e Peppe Marra, della “Rete no-ponte”, si riuniranno a Roccella il prossimo due gennaio alle 18.30.

Un dibattito nella centralissima piazza San Vittorio per affermare l’interesse rabbioso della società civile nei confronti del deficit delle infrastrutture del territorio regionale e, in particolare, della fascia ionica. Titolo dell’incontro è “Passerelle? No grazie”, col significato di andare fin da subito al sodo del problema ed evitare inutili parate massmediatiche.

All’indomani della presentazione del progetto definitivo del ponte sullo stretto di Messina; all’indomani del taglio del treno “romano” e della tardiva rottura del silenzio da parte dei sindaci della Locride; all’indomani dell’ennesimo ritardo per l’inizio dei lavori di completamento della variante alla Ss 106, i tre soggetti hanno deciso di ritrovarsi per discutere e proporre quali, secondo loro, sono le priorità da inserire in agenda.

Modererà il dibattito Carlo Iannuzzi, del movimento “Ateneo Controverso” dell’Università della Calabria, che afferma: «la società civile è presente ed è soprattutto stanca di una classe politica che appare inetta a prendere in carico i veri problemi del nostro comprensorio. Una politica che, come è emerso dagli ultimi fatti di cronaca, sembra più interessata ad affari privati e malavitosi».

L’appuntamento arriva dopo la due giorni Villa San Giovanni e Badolato, in cui la rivendicazione sociale ha fatto tutt’uno con il ricordo di Franco Nisticò, il presidente del “Comitato per la Ss 106”, morto il 19 dicembre 2009 sul palco di Cannitello mentre era impegnato in un comizio.

Rete difesa del Territorio “Franco Nisticò”

Categorie:Attività del Comitato Tag:

Nucleare: nasce in Italia la prima nave portascorie europea

29 dicembre 2010 Commenti chiusi

Il suo nome è ‘Rossita’, costruita da Fincantieri, la prima “nave dei veleni” «ufficiale», destinata a un ente russo

La Spezia – Ormai in Italia la via del nucleare è stata imboccata, difficilmente sarà possibile tornare indietro anche se dovessero cambiare governo e governanti, soprattutto se i fondi destinati alla produzione di energia non saranno dirottati verso fonti rinnovabili e “pulite”. E su questa strada l’Italia stringe patti con i Paesi che già lavorano con il nucleare.

Grazie ad un accordo tra Italia e Russia nell’ambito del progetto Global partnership (avviato in occasione del G8 del 2002 in Canada, per il quale il governo italiano ha impegnato 360 milioni di euro) è nata “Rossita” una nave “speciale” per il trasporto di scorie nucleari.

La nave, varata a La Spezia (“Il porto delle nebbie”) – ha un valore di 70 milioni di euro – è lunga 84 metri, larga 14, con una capacità di carico di 640 tonnellate e potrà viaggiare alla velocità continuativa di 12 nodi con equipaggio di 23 persone. Trasporterà il combustibile irraggiato prodotto in diversi siti del Nord-Ovest della Russia (Penisola di Kola e Mar Bianco) ed i resti di sottomarini nucleari russi dismessi. Ma queste scorie arriveranno mai in porto? L’Ansa nel lanciare la notizia del varo della nave il 16 dicembre scorso diceva che il sottomarino sarà utilizzato da un ente russo che trasporterà il materiale radioattivo nei siti di stoccaggio di Sayda Bay.

Sarà utile che gli amici ambientalisti, soprattutto russi, tengano d’occhio la nave e le sue rotte.

ANSA: LA SPEZIA – E’ stata varata alla presenza del ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani e del ministro russo all’Industria Viktor Khristenko, ‘Rossita’, la nave per il trasporto di materiali radioattivi derivanti dallo smantellamento dei sommergibili nucleari russi, il cui nome indica la cooperazione tra Russia (Ross) e Italia (Ita).

Alla cerimonia di varo della nave, realizzata da Fincantieri nello stabilimento del Muggiano, sono intervenuti l’ad di Fincantieri Giuseppe Bono e di Sogin (la societa’ di gestione impianti nucleari nata in Italia nel 1999), Giuseppe Nucci. Madrina della nave e’ stata la dipendente del cantiere Cristina Brivonese.

La nave – che ha un valore di circa 70 milioni di euro – verrà’ utilizzata dalla societa’ russa Atomflot, che fa capo all’ Ente per l’ energia atomica della Federazione Russa Rosatom: trasporterà combustibile irraggiato dai diversi siti del Nord-Ovest della Russia (Penisola di Kola e Mar Bianco) al porto di Murmansk, e i rifiuti radioattivi gia’ messi in condizioni di sicurezza al sito di stoccaggio di Sayda Bay.

Categorie:Attività del Comitato Tag:

Niger: Incidente radioattivo

27 dicembre 2010 Commenti chiusi

Il 17 dicembre Greenpeace ha ricevuto rapporti verificati che dallo scorso 11 dicembre oltre 200.000 litri di fanghi radioattivi da tre piscine lesionate si sono riversati nell’ambiente presso la miniera d’uranio Somair, gestita dall’azienda nucleare francese Areva.

Niger – Lo scorso 11 dicembre presso la miniera d’uranio Somair in Niger oltre 200.000 litri di fanghi radioattivi sono fuoriusciti da tre piscine lesionate riversandosi nell’ambiente. Una catastrofe radioattiva di cui poco o nulla si è sentito dagli organi di informazioni occidentali,tanto meno in Italia che invece, proprio in questi giorni, ha lanciato uno spot televisivo  per promuovere l’energia nucleare.

dal sito di GreenPace: “Almoustapha Alhacen che ha condotto l’analisi per l’associazione locale Aghir in’Man ci ha confermato che la contaminazione ha già coinvolto due ettari di terreno. Quest’ulteriore perdita mostra che le cattive pratiche gestionali di Areva continuano a minacciare la salute e la sicurezza della popolazione e dell’ambiente. Contrariamente alle dichiarazioni di Areva di rispettare in Niger glistandard di sicurezza validi a livello internazionale, queste notizie dimostrano che non ha fatto abbastanza per proteggere la popolazione.

Lo scorso maggio un rapporto di Greenpeace “Left in the dust”ha rivelato i livelli pericolosi di contaminazione radioattiva dell’aria, acqua e suoli attorno alle miniere d’uranio gestite da Areva in Niger. Il rapporto descriveva in modo dettagliato come gli abitanti dei villaggi di Arlit e Akokan siano circondati da acqua, suolo e aria contaminati dalla radioattività.Greenpeace ha chiesto l’elaborazione di uno studio indipendente sulle aree attorno alle miniere del Niger seguito da una azione di bonifica e decontaminazione delle aree coinvolte”.

leggi anche  su Greenreport

http://www.greenreport.it/_new/index.php?page=default&id=8193&cat=Inquinamenti&sez=#

Categorie:Attività del Comitato Tag: