Il Fiume Oliva
Lunghezza: 19,45 km
Portata media: circa 1,3 metri cubi al secondo
Estensione del bacino: 59,5 kmq
Abitanti nel bacino: circa 2.600
Stato ecologico: non rivelato. I risultati delle analisi sono attualmente coperti da segreto istruttorio per le indagini in corso da parte della Procura di Paola.
Le cause: smaltimento di rifiuti tossici e radioattivi, discariche abusive di rifiuti solidi urbani e industriali, depurazione civile insufficiente.
Fonte: http://www.focus.it/natura/ambiente/speciali/italia-inquinata-i-fiumi-italiani-nella-crisi-idrica-globale-201011251234_5.aspx
La mappa sei siti contaminati lungo il fiume Oliva (© Comitato civico Natale De Grazia).
CHI LO CONOSCE LO EVITA L’Oliva nasce dalla confluenza di più rivoli che scendono dal Monte Scudiero, in provincia di Cosenza. Scorre verso sud ovest lunga la vallata omonima e attraversa piccoli comuni rurali come Aiello Calabro e Serra D’Aiello. Sfocia nel Tirreno a Campora San Giovanni. Può ingrossarsi per le piogge in autunno e primavera, ma prosciugarsi in estate.
Nonostante sia poco più di un torrente l’Oliva ha meritato l’attenzione dei vertici scientifici e istituzionali italiani. Le Arpa di Calabria, Piemonte, Emilia Romagna e Lombardia, l’Ispra, il Cnr, il Ministero dell’Ambiente, le Commissioni Parlamentari d’Inchiesta sui Rifiuti e sulla Mafia, le Università della Calabria e di Bologna, il Corpo Forestale dello Stato, il Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente e la Procura di Paola: in questi anni tutti hanno indagato sulla contaminazione dell’Oliva; le ultime campagne di studio sono in pieno svolgimento e i risultati sono coperti dal segreto istruttorio per l’inchiesta della Procura di Paola.
Per capire la preoccupazione di investigatori e scienziati si deve partire dal giudizio di un medico: «Nello studio che ho condotto tra il 2008 e il 2009 per conto della Procura», spiega il dottor Giacomino Brancati, consulente tecnico d’ufficio nell’indagine, «ho evidenziato che nella popolazione che nei decenni scorsi ha vissuto nella valle dell’Oliva vi è un evidente eccesso di mortalità e di ricoveri per malattie cardiovascolari e soprattutto per tumori maligni del colon, del retto, dell’apparato genito-urinario, della mammella e della tiroide». E la mortalità – secondo questo studio – aumenta avvicinandosi al fiume.
RIFIUTI RADIOATTIVI Cosa ci sia di pericoloso nell’Oliva lo aveva già scoperto nel 2004 l’Arpa Calabria e negli anni successivi molte altre indagini hanno purtroppo confermato i risultati: nei sedimenti e terreni dell’Oliva ci sono metalli pesanti tossici e cancerogeni come arsenico, rame, zinco, nichel, vanadio, berilio, piombo, mercurio, selenio, tallio e stagno, oltre a PCB e diossine. Il piombo è stato trovato anche nelle carni dei polli, prova che la contaminazione è entrata nella catena alimentare. Ma soprattutto in alcuni punti sono stati trovati cesio 137, antimonio 124 e cadmio 109: radionuclidi di origine artificiale, ossia rifiuti radioattivi. La concentrazione di queste sostanze, che non possono essere state rilasciate da industrie locali, aumenta scavando in profondità nel terreno: qualcuno ha seppellito rifiuti industriali tossici e radioattivi in questa piccola valle calabrese.
Cava dismessa. Radioattività naturale o provocata dall'uomo?
LA MAPPA DELLE DISCARICHE Il primo allarme l’aveva lanciato il Wwf locale nel 1999, ma era stato accusato di rovinarel’immagine turistica della Calabria. Nel 2004 alcuni militanti fondarono il Comitato civico Natale De Grazia e nel 2009 hanno pubblicato il dossier La valle dei veleni, che ricostruisce la situazione nel dettaglio. «Risalendo il fiume Oliva dal mare verso le sorgenti si incontrano quattro aree fortemente contaminate», spiega Gianfranco Posa, presidente del comitato. «Sotto lo sbarramento, a Serra D’Aiello c’è un sarcofago in cemento armato lungo 100 metri contenente mercurio e rifiuti industriali. Poco più sopra, sulla sponda sinistra, a Foresta c’è un’area contaminata da pcb e diossine, metalli pesanti e sostanze radioattive: si nota rispetto al territorio circostante perché intorno gli alberi sono secchi. Risalendo ancora, sulla riva destra si incontra una discarica abbandonata dove durante l’emergenza rifiuti degli anni ’80 i comuni della zona hanno scaricato tonnellate di rifiuti urbani, industriali e ospedalieri. Infine, poco sopra c’è una cava abbandonata dove è stata rilevata una evidente anomalia termica per la forte presenza di sostanze radioattive nel sottosuolo.»
Qui il fiume lo si guarda “al contrario” e cioè dal mare, perché alcuni pensano che una parte dei rifiuti sia arrivata da lì. Il 14 dicembre 1990 la motonave Jolly Rosso si arenò su queste spiagge: anche se finora le inchieste non sono riuscite a provarlo rimane il sospetto che quella nave trasportasse rifiuti tossici per conto dei “soliti noti” e che dopo il naufragio qualcuno li abbia fatti sparire sotterrandoli nella valle dell’Oliva.
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