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Archivio per la categoria ‘Attività del Comitato’

Le centrali nucleari in italia

9 aprile 2010 Commenti chiusi
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Costituzione Comitato d’inchiesta su navi dei veleni. Comitato De Grazia: «Nominate Angela Napoli!»

2 aprile 2010 Commenti chiusi

On. Angela Napoli

Roma – Il comitato civico Natale De Grazia ha scritto una lettera al Presidente ed a tutti i membri della Commissione parlamentare antimafia, per esprimere la propria soddisfazione per la costituzione del Comitato parlamentare d’inchiesta sulle “navi dei veleni”, ma allo stesso tempo ha espresso la propria indignazione per la mancata nomina dell’on. Angela Napoli nel nuovo organismo istituzionale.

La nascita del comitato – tanto auspicata, quanto necessaria – può svolgere un importante ruolo nella ricerca della verità sulla possibile esistenza nei fondali del mar Mediterraneo di navi cariche di rifiuti particolarmente pericolosi per la salute umana. Ma tale compito può essere assolto con efficacia solo se al suo interno vi sono uomini e donne dalle indiscutibili qualità morali e davvero desiderosi di conoscere fino in fondo la verità.

L’on. Angela Napoli si è distinta, nella sua attività parlamentare e in qualità di componente della commissione Antimafia, per il suo coraggio e la sua fermezza nel contrasto alla criminalità organizzata. E’ stata tra le promotrici di una commissione d’inchiesta sulle navi dei veleni e si è sempre battuta per far luce su una triste vicenda che vede coinvolti soprattutto i mari che bagnano la regione Calabria.
Pertanto, pur consci del ruolo esercitato dai partiti nella scelta dei componenti delle varie commissioni, i volontari del Comitato De Grazia, espressione della società civile, hanno chiesto di integrare l’on. Angela Napoli nella comitato d’inchiesta sulle “navi dei veleni”.

Amantea, 2 aprile 2010

…………………………………….segue il testo della lettera:

Al Presidente
della Commissione parlamentare
di inchiesta sul fenomeno
della criminalità organizzata
mafiosa o similare

Oggetto: Costituzione comitato d’inchiesta sulle “navi dei veleni”.
Richiesta nomina dell’on. Angela Napoli.

Giuseppe Pisanu, presidente Commissione Antimafia

Gentile Presidente,

abbiamo appreso dalla stampa che la Commissione da lei presieduta ha costituito un comitato d’inchiesta sulle “navi dei veleni”.

Esprimiamo soddisfazione per la costituzione del nuovo organismo, perché è in linea con quanto da noi auspicato, cioè che le istituzioni facciano chiarezza e cerchino la verità su una vicenda che vede vittime i cittadini. Sono questi ultimi infatti, ad esser costretti a vivere in ambienti contaminati da rifiuti pericolosi che le industrie produttrici non intendono smaltire legalmente e, per questioni economiche, ne affidano lo smaltimento illecito a faccendieri senza scrupoli, spesso legati alla criminalità organizzata, che li interrano nei territori che circondano le città o peggio ancora li seppelliscono in mare, lontano da occhi indiscreti, difficilmente individuabili e recuperabili.

Ci sono molti elementi, raccolti nei documenti ufficiali di varie commissioni parlamentari o nei dossier delle associazioni ambientaliste, che testimoniano che il traffico dei rifiuti via mare sia una certezza. Come è verosimile l’inabissamento in mare di navi cariche di scorie. A quanto pare però fino ad oggi, nessun Governo, nessuna Istituzione italiana, fatta eccezione qualche magistrato coraggioso ma isolato, ha inteso far luce seriamente su tali traffici che interessano la Calabria più di ogni altra regione d’Italia.
Riteniamo che il comitato d’inchiesta possa svolgere un ruolo fondamentale nella ricerca della verità, se è vero che spesso il traffico dei rifiuti si coniuga con altre attività delle organizzazioni criminali, su cui codesta Commissione indaga da anni.

Riteniamo, inoltre, che le istituzioni per funzionare bene necessitino, soprattutto, di uomini integerrimi che abbiano davvero a cuore la ricerca della verità. Non una verità “di comodo”, ma la verità fondata sui fatti.
Un lavoro serio e trasparente svolto in questi termini, che abbia quale fine il bene pubblico, può far ritornare quella doverosa e necessaria fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Pertanto, auspichiamo che i membri scelti per far luce su questa vicenda siano mossi da sete di verità e giustizia, qualità che noi cittadini calabresi riconosciamo in pochi uomini e donne delle istituzioni.

Certamente una delle parlamentari che racchiude in se queste qualità è l’on. Angela Napoli, che è stata tra i promotori di una commissione d’inchiesta sulle navi dei veleni. E’ stata attenta a molti problemi della nostra Regione, tra i firmatari di mozioni bipartisan sulla vicenda delle navi dei veleni, ed ha contrastato, con coraggio, la criminalità organizzata denunciando le cosche e i loro politici di riferimento, con prese di posizioni decise e concrete. Ha affermato pubblicamente che se lo Stato vuole ha i mezzi e le informazioni per giungere alla verità anche sul traffico dei rifiuti e sulle “navi a perdere”.
Per questa ragione ci chiediamo come mai l’on. Angela Napoli non sia stata nominata a far parte del comitato d’inchiesta sulle navi dei veleni.

Non vogliamo entrare nel merito politico di tale scelta. Sappiamo che è demandato ai partiti il compito di scegliere i propri rappresentanti nelle commissioni, ma siamo certi che l’on. Napoli potrebbe dare un grosso contributo al nascituro Comitato d’inchiesta anche per la sua conoscenza della Calabria e delle storie più oscure di questa regione.

Purtroppo in Parlamento e anche nella Commissione che lei presiede vi sono dei componenti – che potrebbero far parte del Comitato d’inchiesta – che hanno criticato sia il lavoro svolto dai magistrati calabresi che si sono occupati delle navi dei veleni, sia le altre istituzioni che hanno cercato di far luce sul caso. Altri che hanno “bollato” la civile manifestazione nazionale del 24 ottobre 2009 ad Amantea, per dire “Basta ai veleni”, come una manifestazioni di “estremisti” danneggiatori del territorio, propagandasti di una parte politica, senza vederla per quella che era in realtà: una protesta civile per chiedere di essere liberati dai rifiuti tossici e da chi con essi ci avvelena.
Non era una semplice propaganda politica e noi che ne siamo stati i promotori lo possiamo certificare. Abbiamo invitato tutti a partecipare, senza distinzione di credo e di colori.
La nostra astensione dal prendere una posizione pubblica alle recenti competizioni elettorali regionali è testimonianza che le nostre battaglie non avevano fini elettorali, né erano fomentate dai partiti.

Anche alla luce di tutto questo, ci sentiamo legittimati a manifestare il nostro dissenso per l’esclusione dell’on. Angela Napoli dal Comitato d’inchiesta sulle navi dei veleni ed a chiedere che la stessa venga comunque chiamata ad integrare lo stesso organismo dal momento che ha acquisito “sul campo”, più di tanti altri, conoscenze e meriti che le hanno fatto conquistare la fiducia di tutti i calabresi che chiedono verità sulla tragica vicenda.
Ai cittadini di questa Regione la verità non fa paura, anzi, vogliono conoscerla perché intendono liberarsi definitivamente dal sospetto di abitare nella discarica d’Italia e d’Europa e dai rifiuti che ne infestano il territorio, mettendo in pericolo la salute pubblica.

Sperando che accolga il nostro invito, porgiamo a Lei ed a tutti i membri della Commissione distinti saluti e auguri di buon lavoro.

Amantea, 30/03/2010

articolo pubblicato da "Calabriaora" il 18 marzo 2010

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Acqua pubblica, più di 150mila in corteo “A Roma per difendere il sangue della terra”

23 marzo 2010 Commenti chiusi

Da piazza della Repubblica a piazza Navona contro la legge di privatizzazione del governo
Il Forum italiano dei movimenti : “Raccogliamo le firme. Entro il 2011 faremo un referendum”

Acqua pubblica, più di 150mila in corteo ”A Roma per difendere il sangue della terra”

di GIULIA CERINO

Fonte: http://www.repubblica.it/cronaca/2010/03/20/news/corteo_acqua-2778409/

ROMA - Quando i primi sono arrivati in piazza Navona, gli ultimi percorrevano ancora via Cavour. “Siamo più di 150mila” annunciano gli organizzatori dal furgone che apre il corteo. Settemila secondo le stime della Questura. Sono venuti da tutta Italia. Dal Nord, dal Sud. Per difendere un bene comune, contro la privatizzazione del servizio idrico prevista dal decreto Ronchi approvato dal governo. In prima fila i gonfaloni delle città, da Napoli a Bassano a Modica, sorretti dai vigili urbani degli stessi comuni. Ma anche l’Arci, le Acli, rappresentanze sindacali della Cgil, dei Cobas e degli altri sindacati di base così come le maggiori associazioni ambientaliste dal Wwf a Legambiente. A dare la loro adesione anche l’Idv e tutte le sigle politiche della sinistra attualmente extraparlamentare, da Rifondazione comunista, Sinistra ecologia e libertà ai Verdi, tutti rimasti in fondo al corteo, come da richiesta degli organizzatori. Poi anche il Jesuit social network, Libera, Pax Christi, fino alla diocesi di Termoli. La mente della manifestazione, il Forum italiano dei movimenti per l’acqua, un’organizzazione nata dalla fusione e dal coordinamento dei forum regionali per un servizio idrico pubblico. Il merito, di quattro centri sociali romani: La Torre, Acrobax, il Forteprenestino e il Volturno occupato. I nuclei che, a detta del Forum, “hanno organizzato e gestito la giornata, fornito i furgoni e dato colore alla protesta”.

Il servizio idrico è il tema principale ma la piattaforma della manifestazione indica un orizzonte più ampio: la tutela dei beni comuni, della biodiversità, la lotta ai cambiamenti climatici, la democrazia partecipativa. Non solo. Quella del 20 marzo è una protesta di tutti, contro tutto. I protagonisti sono loro, gli stessi del no B-day, quelli in prima linea contro la riforma Gelmini e per la libertà di stampa: sono gli studenti dell’Onda, i sindacati, i collettivi universitari, gli immigrati, i Viola. E anche gli slogan e gli striscioni sono gli stessi sfoggiati durante quelle manifestazioni: “No dal Molin, “No Tav”, “No ponte a Reggio Calabria e Messina”, “Palestina libera”, “Via la mafia dallo Stato”, “Beni comuni, beni di tutti”. Eccolo, il popolo dell’acqua italiana, tutto in piazza. Compatto.

“La protesta – spiega Gabriel, napoletano, 22 anni – è volta a ottenere un diverso modello di consumi e di stile di vita”. Una protesta ma non solo. “Questa è una festa”, spiegano gli organizzatori. E infatti la musica non mente. “L’acqua – recita il testo di una canzone diffusa a tutto volume lungo via dei Fori Imperiali – è un liquido magico che mescola e rimescola. L’acqua è l’anima del mondo, il sangue della terra. L’acqua scorre libera”. Un augurio. “Ci stiamo muovendo in questo senso. Per far sì che la realtà cambi di nuovo. “La raccolta firme prosegue – spiega un membro del Forum nazionale ‘Salva l’acqua’ – porteremo avanti una proposta di legge di iniziativa popolare, poi la presenteremo agli Enti locali. La nostra vita è cambiata a causa della privatizzazione del sistema Italia”. Contro il monopolio dell’acqua e contro tutte le privatizzazioni. Un’esperienza collettiva, perché “si scrive acqua ma si legge democrazia” spiega Nadia, vicentina, 55 anni.

Partiti da piazza della Repubblica, i manifestanti sono arrivati in via dei Fori Imperiali. Dove sono caduti nel vuoto gli allarmi per l’ordine pubblico paventati dalla Prefettura di Roma: le due piazze – in contemporanea, alle spalle di Piazza Venezia, sfilava il corteo del Pdl – sono rimaste a debita distanza grazie a un cordone di militari schierato davanti al Colosseo. Una barriera umana che ha impedito alle due manifestazioni di incrociarsi. Anche se in realtà il “corteo blu” era più concentrato sulla propria protesta che non intenzionato a contestare i manifestanti diretti verso San Giovanni (nemmeno uno striscione contro il governo o Berlusconi).

Alle 18 il “popolo blu” è arrivato in piazza Navona e in migliaia si sono seduti in terra per ascoltare gli interventi dal palco. Proprio da una delle voci più seguite della chiesa italiana, il missionario comboniano padre Alex Zanotelli, è giunto uno dei primi appelli: “Privatizzare un bene comune come l’acqua è un rischio. Significa la vittoria del mercato, la mercificazione della ‘creatura’ più sacra che abbiamo: sorella acqua. Questo decreto – conclude il sacerdote – sarà pagato a caro prezzo dalle classi deboli di questo Paese per le quali, con l’aumento delle tariffe, sarà sempre più difficile pagare le bollette. Ma soprattutto la privatizzazione dell’acqua sarà pagata dai poveri del Sud del mondo con milioni di morti di sete. Destra e sinistra devono muoversi insieme. Il movimento deve partire dal basso”.

E ancora. Sul palco la rappresentante dell’Abruzzo Social Forum ha ricordato come sia stato “solo grazie alla gestione pubblica dell’acqua che è stato possibile scoprire, in Abruzzo, mezzo milione di tonnellate di rifiuti tossici che inquinavano le acque potabili”. Poi, l’intervento di Margherita Ciervo del Comitato pugliese “Acqua comune”: “La Regione Puglia e i comitati sono riusciti a realizzare insieme un disegno di legge già approvato dalla giunta per rendere di nuovo pubblico l’acquedotto della nostra Regione. La politica ascolti: tutti i voti della Puglia si giocano sul tema dell’acqua”. E ancora. L’intervento del coordinamento campano, di quello toscano, di quello del Molise. Centinaia di storie di “acque” privatizzate e di cittadini “preoccupati” per il futuro dei propri figli: “Lasciare pubblico il servizio idrico significa insegnare alle nuove generazioni a gestire la res publica”.

Lunedì sarà il giorno mondiale dell’acqua e il 2010 – spiega un rappresentate del Forum – sarà l’anno dell’acqua. “Noi ci proponiamo un obiettivo ambizioso ma realistico: entro la primavera del 2011 ci sarà un referendum contro il decreto Ronchi e per ‘ripubblicare’ l’acqua. Nell’aria c’è ottimismo. Lo vinceremo”.

Roma, 20 marzo 2010

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Migliaia in piazza per chiedere “acqua pubblica”

23 marzo 2010 Commenti chiusi

Gli impagabili inondano la capitale

di Andrea Palladino

http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/ricerca-nel-manifesto/vedi/nocache/1/numero/20100321/pagina/04/pezzo/274178/?tx_manigiornale_pi1[showStringa]=palladino&cHash=c148745228


ROMA 20 marzo 2010 – È terra, è acqua, è democrazia. Sono i beni comuni, quell’insieme di diritti naturali e essenziali, che compongono il nostro quotidiano. Qualcosa che hanno già capito le grandi aziende multiutility: «Gestiamo l’essenziale della vita», recita, non a caso, lo slogan della francese Suez. Ieri i beni comuni avevano duecentomila volti, differenti tra loro, ma con storie e lotte che riproducevano l’intero paese. In prima fila il grande popolo dell’acqua pubblica, raccolto dietro la sigla del Forum nazionale, che da quattro anni ha iniziato una rivoluzione silenziosa ma terribilmente efficace. E poi, a seguire, le tantissime vertenze sull’ambiente, sui territori divenuti terre di conquista per le ecomafie, sui veleni industriali e sociali che stanno intaccando il quotidiano, la stessa aria da respirare e la stessa acqua da bere. Comitati contro le discariche della Campania, i No Tav scesi dalla Val di Susa, i gruppi nati intorno alla lotta contro la base Dal Molin, i comitati calabresi con ancora negli occhi le manifestazioni contro la costruzione del ponte e per la verità sulle navi dei veleni. Storie che si incrociavano, mentre il corteo scendeva – imponente – lunga via Cavour, entrando nei fori imperiali, sfiorando il Campidoglio, dove la giunta Alemanno sta preparando l’atto finale della storia centenaria di Acea, affidandola definitivamente ai privati.
È festa, è entusiasmo ed è voglia di riprendersi la vita. Gli slogan cercano di riprodurre in qualche modo questo strano mondo del movimento dei beni comuni. «Terra vuol dire democrazia», grida un gruppo che vuole unirsi idealmente alla lotta dei palestinesi, poi non così lontana dal movimento per l’acqua pubblica. O ancora «più società e meno spa», tanto per far capire quale sia l’alternativa alla gestione privata dell’acqua, dei rifiuti, del quotidiano. La questione, da queste parti, è chiara e semplice: non possono essere i consigli di amministrazione a gestire i nostri territori. Si deve ritornare ai consigli comunali e poi alla gestione partecipata, ricordava ieri Marco Bersani del Forum italiano dei movimenti per l’acqua. Ed è questo il percorso di quattro anni che è sfociato ieri nella manifestazione romana. Lo ricorda Patrizia, dell’Abruzzo social forum: «Il consiglio comunale de L’Aquila ha votato tre mesi fa la dichiarazione dell’acqua come bene senza rilevanza economica». Ovvero un passaggio che sottrae – simbolicamente e politicamente – le risorse idriche dal decreto Ronchi, la legge che consegna la gestione dell’acqua alle multinazionali.
Il corteo era aperto da un unico striscione del Forum, seguito immediatamente dai gonfaloni dei comuni. Perché è dai consigli comunali, da quella parte di istituzioni più vicine al quotidiano e ai beni comuni, che sta ripartendo nel paese la vera resistenza alle privatizzazioni, ai veri interessi della destra al governo. Sono duecentocinquanta i comuni che già hanno cambiato lo statuto, inserendo il principio della non rilevanza economica dell’acqua. Comuni come quello di Napoli, in prima fila nella manifestazione di ieri. O come quello di Bassiano, mille e seicento abitanti e una resistenza strenua contro Acqualatina, che si è presa gli acquedotti usando commissari di governo per vincere con la forza la resistenza dei sindaco e dei consiglieri. O ancora come quello di Lanuvio, paesino della provincia di Roma, dove l’acqua da tre anni è gestita da Acea.
L’altra parte del vasto movimento sono i lavoratori. I dipendenti di Hera – il gestore multiutility emiliano, da poco quotato in borsa – hanno ben chiaro qual è l’impatto della privatizzazione anche per chi lavora nelle spa. «Da quando siamo diventati a tutti gli effetti una società privata – racconta un delegato di Hera – c’è stata una riduzione del personale del 30%, con l’esternalizzazione di molti servizi operativi». Come quello, poco redditizio per i privati, della gestione dei depuratori nella zona appenninica. Gestioni che incidono direttamente sulla qualità della vita delle comunità locali, che ora si trovano davanti bollette stratosferiche per poter garantire il profitto dove prima esisteva il servizio pubblico. «E noi lavoratori sappiamo – continuano i dipendenti di Hera – che ora è peggiorata la qualità del servizio per gli utenti». Qualità che nella gestione dell’acqua e dei rifiuti ha un impatto diretto sulla vita. Enti locali, cittadini e lavoratori, tre pezzi di un movimento intenso, che riesce a tenere da parte – senza escluderli però – i partiti della sinistra. Questo era il volto del corteo dei duecentomila militanti per i beni comuni, che ha messo in prima fila il missionario comboniano padre Alex Zanotelli, lasciando in coda i pezzi dei partiti politici. C’era Sel, c’era Rifondazione, Sinistra critica, i Verdi di Bonelli, l’Italia dei valori e altre sigle della sinistra. Non da protagonisti per una volta, lasciando il ruolo di primo piano alle centinaia di comitati locali. E anche le sigle storiche e nazionali dell’ambientalismo – come il Wwf e Legambiente – pur facendo parte a pieno titolo del Forum, hanno accompagnato il corteo con una presenza in secondo piano. «Vedi quello che ci unisce al movimento dell’acqua – spiega Giovanni del comitato contro la discarica di Caiano e Marano, in Campania – sono persone come Alex Zanotelli, che sul territorio ci fanno conoscere, ci mettono in contatto». Una rete diffusa, che ieri si è presentata a Roma, con tutta la sua forza. E forse anche per questo, anche per questa differenza che spiazza, i media mainstream hanno quasi ignorato il lungo corteo, puntando le telecamere solo su Berlusconi. «A noi non ci paga nessuno», dicevano tantissimi cartelli portati dal popolo dell’acqua. L’unico riferimento, pieno di orgoglio, all’altra manifestazione. Pochi, pochissimi erano gli slogan verso Berlusconi, molto meglio, per chi difende i beni comuni, proporre l’altro mondo possibile. E chissà forse proprio questa piazza ha decretato la fine inesorabile del cavaliere.

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L’acqua è cosa nostra e deve restare pubblica.

28 febbraio 2010 Commenti chiusi

L’acqua pubblica nell’urna

di Andrea Palladino

Cento anni ha compiuto ieri Acea. Era l’epoca del sindaco Nathan, ebreo di origine inglese, laico e antipapalino. Fu lui a volere una grande azienda pubblica per la gestione dell’acqua e dell’elettricità nella capitale d’Italia. Ieri, a dieci anni dalla creazione della Spa quotata in borsa, Ratzinger ha ricevuto in udienza i dirigenti di Acea, pronti a fare il grande salto definitivo verso la completa privatizzazione. La via era stata aperta dalla coppia Rutelli-Lanzillotta nel 1999, ed oggi viene completata da Alemanno e dal decreto Ronchi sulla privatizzazione dell’acqua, approvato dal governo Berlusconi alla fine dello scorso anno. Il sindaco di Roma ha dato il suo placet politico, annunciando la cessione di buona parte di quel 51% ancora pubblico.
Benedetto XVI ha evitato accuratamente di parlare di acqua pubblica, mantenendosi molto vago su cosa significhi la gestione privata dei beni comuni. Altri tempi rispetto alla Roma di Nathan. E ben altra chiesa rispetto a quella fuori dalle mura vaticane, che con la voce di padre Alex Zanotelli gridava «maledetti voi» verso chi ha votato per la cessione ai privati delle risorse idriche.
Parodossalmente è lo stesso silenzio del papa a far capire che la partita sulla privatizzazione dell’acqua è però tutt’altro che chiusa. Il Forum italiano dei movimenti per l’acqua sta avviando due iniziative nazionali, raccogliendo l’adesione ampia di interi pezzi della società civile, dal mondo cattolico legato al sociale, fino alle principali associazioni ambientaliste e a parti importanti del sindacato. Un fronte largo, senza i partiti, che entreranno solo con adesioni, per sottolineare l’assoluta trasversalità dei beni comuni.
La prima tappa sarà la manifestazione nazionale del 20 marzo a Roma, una settimana prima del voto, proprio per ricordare come necessariamente la politica debba confrontarsi con i movimenti per l’acqua pubblica. Un mese dopo, in aprile, partirà la raccolta delle firme per il referendum, che non si limiterà all’abrogazione di quella parte del decreto Ronchi che impone la cessione ai privati della gestione delle risorse idriche. Sarà una vera e propria consultazione popolare su un tema chiaro e decisivo: gestione pubblica per tutti i servizi idrici o mantenimento dell’attuale legislazione, con l’apertura al capitale speculativo degli acquedotti. Un si alla ripubblicizzazione, unica strada divenuta oramai percorribile.
Sarà sul referendum che si convoglierà, nei prossimi mesi, il dibattito che va avanti da almeno quattro anni in Italia sul sistema idrico, sui fallimenti delle gestioni private e miste pubblico-private, sugli investimenti che i privati non hanno fatto e che mai faranno, sulla qualità dell’acqua che è peggiorata, con punte allarmanti.
Di certo la questione non è finita con l’approvazione del decreto Ronchi. Il tema della gestione dell’acqua sta entrando prepotentemente nelle prossime elezioni regionali. Prima la Puglia di Vendola, che con coraggio ha approvato una legge d’indirizzo, con l’obiettivo di chiudere la gestione della Spa degli acquedotti pugliesi per arrivare ad un vero sistema pubblico, blindato rispetto ai tanti appetiti speculativi. Poi la regione Lazio, dove in almeno tre province – Roma, Latina e Frosinone – la gestione è di fatto già privatizzata. E in questo caso il nodo centrale è Acea, primo gestore idrico italiano. Ieri Renata Polverini ha chiarito la sua posizione, spiegando che «si tratta di privatizzare il servizio» va tutto bene. Che è poi il contenuto della legge approvata dal centrodestra. Ha così rassicurato il suo scudiero in terra pontina Claudio Fazzone – presidente di Acqualatina – e il suo alleato Udc, molto vicino, come è noto, agli interessi di Caltagirone, principale socio privato italiano di Acea.

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Le telecamere di TG2 Dossier sul fusto spiaggiato

27 febbraio 2010 Commenti chiusi

Foto Pino Posteraro - Comitato De Grazia

Amantea 27 febbraio 2010 – Anche le telecamere di TG2 Dossier riprendono il fusto spiaggiato ad Amantea. Gli operatori della Rai al seguito del giornalista Placido Donati, che cura i servizi di approfondimento del Telegiornale di Rai2, sono stati inviati in città, nei giorni scorsi, per occuparsi dell’inquinamento nella valle del fiume Oliva. Venerdì 26 febbraio, raccogliendo le testimonianze dei cittadini, per capire il grado di percezione del pericolo per la salute da parte della cittadinanza, sono venuti a conoscenza della segnalazione del comitato De Grazia sulla presenza di un fusto sulla spiaggia di Amantea e si sono recati sul posto per documentare l’accaduto.

Si tratterebbe – almeno in apparenza, per quanto riportato sull’etichetta presente sul fusto – di lubrificante per motori diesel. E’, purtroppo, consuetudine che le navi utilizzino i lubrificanti per le macchine e buttino poi i bidoni in mare, riempiendo i fondali di fusti che il mare, quando si agita, rispedisce a riva insieme ad altri rifiuti. Infatti intorno al fusto oltre ai consueti tronchetti di legno e le pietre pomice, vi erano scaldabagni arrugginiti, copertoni di camion e altri tipi di spazzatura.

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Fusto spiaggiato ad Amantea

26 febbraio 2010 Commenti chiusi

Su segnalazione di alcuni cittadini, gli attivisti del comitato civico Natale De Grazia si sono recati sulla spiaggia di Amantea nei pressi dell’ultimo tratto, lato nord, del Lungomare (dedicato a Natale De Grazia dal 24 ottobre 2009), dove è stato rinvenuto un fusto metallico in cattive condizioni, presumibilmente contenente lubrificanti o carburante, in prossimità di un lido turistico chiuso durante la stagione invernale.

Il fusto che reca il marchio della nota società petrolifera IP e che riporta ben visibile l’etichetta con i codici che identificano il materiale contenuto, è stato spiaggiato dai marosi degli ultimi giorni sull’arenile della cittadina tirrenica, tristemente nota per la presenza sul suo territorio della “Valle dei veleni” una zona inquinata da sostanze pericolose non prodotte in Calabria ma qui smaltite illegalmente.

Il comitato ha allertato la Capitaneria di porto chiedendo che il fusto venga recuperato e il suo contenuto analizzato e che i risultati delle analisi vengano successivamente resi pubblici e comunicati ai rappresentanti del Comitato.


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“Bandiera Nera. Le navi dei veleni”. Da leggere

26 febbraio 2010 Commenti chiusi

Il libro inchiesta di Andrea Palladino

Si parte dal primo viaggio del giornalista ad Amantea, in Calabria, nell’autunno del 2009, per ripercorrere a ritroso, in modo ben documentato, la sua spinosa inchiesta sul traffico di rifiuti internazionale in cui sono stati (o lo sono ancora?) coinvolti i Governi italiani, tanto da far guadagnare, negli anni ’80 all’Italia, l’appellativo di Stato Canaglia perché cercava di smaltire in paesi del cosiddetto Terzo mondo i rifiuti pericolosi prodotti dall’industria italiana e non solo…

Un punto di vista, originale, diverso e vorosimile, ampiamente documentato, per guardare con gli occhi di chi lavora sul campo la vicenda delle “navi a perdere” ed in particolare il caso “Cetraro”.

Una nave avvelenata che riappare sul fondo del Mediterraneo, come un fantasma che riprende corpo. Mappe, coordinate, rotte invisibili, registri navali ritoccati, per nascondere il peggiore traffico del nostro paese. Una lista di 140 grandi marche, il gotha della chimica e dell’industria farmaceutica, pronte ad usare faccendieri e trafficanti d’armi per disfarsi delle scorie tossiche e radioattive. Dietro la scoperta del relitto della nave da cargo Cunski, al largo di Cetraro, sulla costa della Calabria, si cela un network di mediatori con complicità ai più alti livelli, che per almeno un decennio ha garantito al sistema industriale europeo uno smaltimento economico – e criminale – dei rifiuti tossici. A distanza di anni i fusti fatti sparire nei mari del Mediterraneo, sulle coste africane, nelle migliaia di discariche abusive sparse nel nostro paese iniziano a riapparire, a rilasciare lentamente i loro veleni. E le città delle coste calabresi contano – in silenzio –i morti per tumore, avvelenati dal Cesio 137, dai metalli pesanti e da tutte quelle scorie che n’drangheta, faccendieri e pezzi dello stato hanno nascosto per anni.

Prefazione
Massimo Carlotto

Chi legge Bandiera Nera di Andrea Palladino “dopo” non può più affermare di non essere sufficientemente informato. Questo libro, tra saggio e inchiesta giornalistica, caratterizzato da una scrittura potente e incisiva, spazza via la certosina campagna di disinformazione che, da anni, sta condizionando l’opinione pubblica italiana su quell’intricato ma efficientissimo sistema criminale che si occupa dello smaltimento illegale dei rifiuti tossici. Palladino non “suggerisce”, non si limita a seminare dubbi su traballanti verità ufficiali ma da vero giornalista investigativo ricostruisce verità e realtà basandosi su fatti solidi e inoppugnabili. Non siamo più abituati a questo tipo di informazione e leggere Bandiera nera è una boccata d’ossigeno in questa Italia dove tutto è gossip e sai che quando un ministro si presenta a una conferenza stampa non è certo per dire la verità. Palladino sgombra il campo da tutte le balle che ci hanno propinato anche recentemente con la vicenda del relitto al largo di Cetraro, l’affare Cunski e le rivelazioni del pentito Francesco Fonti. E mette in evidenza quella che è la verità più scomoda da digerire e cioè che in Italia “c’è un ciclo dei rifiuti eternamente irrisolto, con le scorie industriali che avvelenano sistematicamente le nostre terre e i nostri mari da un tempo immemorabile. Basta fare due conti, accostando la quantità di rifiuti industriali prodotti con il numero delle tonnellate legalmente smaltite per capire come il ciclo criminale dei veleni sia qualcosa di sistematico. Solo per questo il potere centrale è sicuramente colluso. Non solo singoli deputati o ministri – di ogni parte politica e di ogni legislatura – ma l’intero sistema politico permette che la gestione dei rifiuti sia saldamente in mano a una rete inattaccabile fatta dall’industria, dai mediatori e dalla criminalità organizzata”.
Di ogni parte politica. Già proprio così. Le pagine sulla rossa Toscana fanno male più di un cazzotto sui denti. E con la Campania non andiamo meglio.
Un “sistema”, quindi, che si modifica a seconda delle esigenze e Bandiera Nera spiega perché dopo le navi dei veleni sono arrivati i casalesi. Questo è un libro davvero importante perché fornisce tutti gli strumenti per capire quello che sta accadendo oggi intorno alle scelte scellerate in termini di termovalorizzatori e discariche. Ovunque spuntano comitati che si battono per impedire che tecnologie obsolete, pagate a carissimo prezzo, ci avvelenino con i loro fumi, ma se non si conosce tutto quello che è accaduto da sempre in questo Paese non si comprende la necessità di articolare un progetto politico a livello nazionale per mettere la parola fine a questa immane tragedia.
Menzogne. Ci hanno sempre sommerso di menzogne eppure le scorie uccidono. Qui e nei paesi più poveri del mondo che sono diventati la discarica del nostro benessere. Ma le menzogne si sono sempre avvalse di importanti, e profumatamente pagati, pareri “scientifici”. È impressionante come Palladino sveli il diabolico intreccio di complicità che regge l’affare “veleni”.
Bandiera Nera lascia il segno. Spero che lo leggano in tanti, tantissimi e che lo adottino nelle scuole dato che è un validissimo esempio, anche dal punto di vista narrativo, di come si può ancora fare in Italia informazione di qualità.

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In Calabria i fusti radioattivi su cui indagava Ilaria Alpi

26 febbraio 2010 Commenti chiusi

(ANSA) – ROMA, 25 FEB – La commissione d’inchiesta contro le eco-mafie e’ sulle tracce di fusti pieni di scorie radioattive, alcuni dei quali si dice provenienti dall’Enea. L’organismo parlamentare presieduto da Gaetano Pecorella andra’ cosi’ in Calabria il 10 marzo per fare una serie di sopralluoghi. ”Abbiamo avuto segnalazioni che consideriamo attendibili sui luoghi nei quali potrebbero essere nascoste queste scorie radioattive – spiega Pecorella – e cosi’ il 10 marzo andremo a fare delle verifiche in Calabria”. I fusti radioattivi di cui e’ arrivata segnalazione in commissione sarebbero una parte di quelli di cui si e’ parlato)a lungo nelle indagini sul caso di Ilaria Alpi. ”Una parte di queste sostanze radioattive – spiega Pecorella sulle cui tracce sarebbe stata anche la giornalista Ilaria Alpi, sarebbe stata sepolta in Italia, mentre un’altra parte in Somalia”. La ‘parte’ italiana, secondo le informazioni di cui e’ in possesso la commissione, sarebbe stata nascosta in Calabria.(ANSA

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GAIA INTERNATIONAL FESTIVAL. Iniziano i preparativi

23 febbraio 2010 Commenti chiusi

GAIA INTERNATIONAL FESTIVAL per rivalutare e promuovere la nostra TERRA

In programma dal 19 al 26 giugno tra Calabria e Basilicata. Questo evento, se ben organizzato, potrebbe rivalutare l’immagine delle nostre Regioni facendo conoscere le bellezze e le tradizioni della nostra terra contrastando l’immagine negativa che, talvolta, prevale nei notiziari e nelle cronache.

Mentre i Carri allegorici del Carnevale sfilavano per le vie principali della città, domenica 21 febbraio nel palazzo delle Clarisse, nel centro storico di Amantea (CS), alcune decine di attivisti provenienti da tutto il Tirreno cosentino si incontravano per iniziare a programmare gli eventi che daranno vita al primo Gaia International Festival.

GAIA è un incontro internazionale di cittadini che si uniscono per affrontare i problemi ecologici che stanno colpendo il nostro Mare e la nostra Terra. Questo evento comprenderà dibattiti, workshop, relatori, musica, arte, cinema e teatro. Tutto si realizzerà dal 19 al 26 giugno 2010, per una settimana, e avrà luogo lungo la costa e per le montagne da Maratea in Basilicata ad Amantea in Calabria. Saranno presenti delegazioni da tutti i Paesi che affacciano sul Mediterraneo, e da tutto il mondo.

(An International Gathering of citizens coming together to address the ecological problems affecting our Sea and Earth. This event will include discussions, workshops, speakers, music, art, film and theatre. It will take place for one week in June of 2010 from the 19th to the 26th of June. It will be located on the coast and in the mountains stretching from Maratea in the region of Basilicata to Amantea in Calabria. We are inviting delegations from all the countries that border the Mediterranean Sea as well as delegations from all over the world.)

Il Comitato civico “Gaia International”, composto da cittadini in prevalenza residenti sul Tirreno Cosentino, nato in seguito all’onta della scoperta delle “navi dei veleni”, intende dimostrare come la Calabria ed il Sud in genere possano risollevarsi grazie all’impegno attivo dei suoi cittadini, facendo scoprire canali partecipativi della vita sociale, fino ad ora non molto esplorati, che prospettano una società a sviluppo sostenibile e a misura d’uomo.

Il comitato sta organizzando l’evento “Gaia International Festival”, che durerà una settimana, dal 19 al 26 giugno 2010, ed avrà come scenario i paesi che vanno da Amantea (CS) a Maratea. L’evento sarà composto da sette giornate, in cui si effettueranno escursioni nei vari paesi, alla scoperta della propria storia passata e presente con lo sguardo rivolto al futuro.
Saranno organizzati mostre artistiche, installazioni video, dibattiti su tematiche ambientali (fonti di energie rinnovabili, inquinamento dei mari, energia nucleare e simili), socio-economiche, sviluppo sostenibile, spettacoli teatrali, cine-forum, concerti musicali, manifestazioni ludiche, concorsi per film e video.

Il festival, già attraverso le pagine internet create, sta ricevendo numerosi consensi e adesioni da tutto il mondo, in particolare dagli Stati Uniti, dove abbiamo alcuni collaboratori, e da diversi Paesi del Mediterraneo.

Un’ottimale organizzazione di questo evento permetterebbe una rivalutazione ed una grande occasione per far conoscere la nostra terra, contrastando l’immagine negativa che talvolta prevale nei notiziari e nelle cronache.

Per saperne di più:

http://www.facebook.com/home.php?#/event.php?eid=194286141117&ref=ts;

http://teka.over-blog.it/article-gaia-international-festival-for-the-future-of-the-sea-and-the-earth-41279422-comments.html;

http://www.myspace.com/laterratrema2010;

-http://www.facebook.com/photo.php?pid=863850&id=1353721614#/notes/michael-leonardi/gaia-international-festival-a-manifesto-in-italian-translations-coming-soon-with/229227883363.

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