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6 DICEMBRE 2009 – Facciamo “rete”. Le associazioni si riuniscono a Lamezia Terme

3 dicembre 2009 Commenti chiusi

FORUM DELLE ASSOCIAZIONI MOVIMENTI E COMITATI

LAMEZIA TERME -  DOMENICA 6 DICEMBRE 2009

A seguito della grande manifestazione del 24 ottobre ad Amantea, che ha visto la partecipazione di oltre 30 mila persone giunte da tutta la Calabria,  per i movimenti della Calabria si è posta la necessità di coordinare meglio le proprie forze e risorse sparse su tutto il territorio per cercare di dare un’unica identità.

Vogliamo promuovere una mobilitazione generale ed avviare una discussione permanente, che coinvolga tutti i movimenti presenti nella nostra regione, puntando a sollevare le problematiche legate alla tutela dell’ambiente nella regione Calabria (bonifiche, difesa delle risorse comuni, ciclo dei rifiuti, aggressione delle coste, etc.), per chiedere la tutela di tutti i beni comuni, dall’acqua, alla salute, alla cultura, al lavoro, all’ambiente.

Ad Amantea, il 24 ottobre scorso, le Associazioni, i Comitati ed i Movimenti di tutta la Calabria, hanno tracciato un percorso lineare e coeso,  che parte da semplici e chiare richieste rispetto alla tutela della salute ed il recupero ambientale del territorio di tutta la regione Calabria. Ed in particolare:

-          la bonifica immediata, in tempi certi e con procedure trasparenti, di tutti i siti inquinati sino ad oggi individuati in Calabria;

-          il monitoraggio ambientale permanente di terra, aria e acqua, partendo da uno studio epidemiologico e tossicologico da effettuarsi su tutta la popolazione residente in prossimità dei siti inquinati, ma anche nelle aree dove sussistono ragionevoli dubbi tuttora di contaminazione e/o inquinamento in Calabria;

-          verità e certezza su responsabilità civili, penali e politiche di chi, negli anni ha inquinato, lucrato e permesso lo sfruttamento indiscriminato e senza scrupoli del territorio calabrese;

-          la moratoria sui rifiuti affinché si realizzi un nuovo Piano di smaltimento basato sulla riduzione dei rifiuti prodotti e sulla reale raccolta differenziata spinta, evitando così che si realizzino nuove discariche, inceneritori o altre opere invasive sul  territorio regionale;

-          la moratoria sulla costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina e su tutte quelle opere di cementificazione selvaggia delle coste e del paesaggio calabrese;

-          impedire lo sfruttamento energetico intensivo e non eco-compatibile del territorio di tutta la Calabria;

-          la difesa dell’acqua come bene comune, attraverso il riconoscimento negli ambiti comunali, provinciali e regionale del diritto umano all’acqua e del servizio idrico integrato con un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica

-          innalzare il livello d’attenzione per prevenire infiltrazioni ed appetiti mafiosi troppo spesso presenti nella realizzazione di opere pubbliche, nella gestione del ciclo dei rifiuti ed, in generale, nell’intera economia calabrese.

Di fronte a queste richieste e di fronte ai tanti disastri ecologici accertati, ed a quanti altri ve ne sono nella nostra terra e nei nostri mari, finora le istituzioni non si sono mosse per come avrebbero dovuto e soprattutto per tutelare gli interessi dell’intera popolazione.

La lentezza delle iniziative governative, rispetto alle bonifiche da effettuare sui tanti siti contaminati dei nostri territori e all’avvio di una campagna organica di ricerca di tutte le navi dei veleni inabissati nei nostri mari,  incomincia a preoccupare ed a far sospettare tentativi di depistaggi programmati e di disinformazione.

A risolvere i problemi connessi a questo quadro allarmante fatto da disastri ecologici ed ambientali diffusi su tutto il territorio regionale non può bastare la buona volontà e l’attivismo di un singolo Procuratore della Repubblica o di un assessore regionale, spesso lasciati senza risorse e mezzi.

Non chiediamo rassicurazioni, ma verità provate e dimostrabili, senza alcun elemento di incertezza, soprattutto a noi tutti che siamo i primi soggetti colpiti da questa catena di episodi inquietanti.

Crediamo sia indispensabile, per rendere sostenibile il futuro della nostra regione, essere riconosciuti quale parte attiva entrando nel processo di programmazione e di gestione del ciclo dei rifiuti, dell’energia, dell’acqua, dell’urbanistica e delle problematiche legate alla tutela dell’ambiente e del territorio.

Da qui, dunque, l’idea di costruire un forum di discussione, un luogo fisico dove uomini e donne, soggetti collettivi, associazioni e movimenti di questa regione, possano confrontarsi, dialogare e proporre iniziative concrete per un’azione più incisiva e risolutrice dei problemi.

Dobbiamo discutere e tracciare un percorso, il più unitario possibile, teso a denunciare la crisi ambientale e sanitaria procurata dalla nociva gestione del ciclo dei rifiuti, dalle attuali forme di produzione dell’energia basate quasi esclusivamente su processi di combustione e da una miope politica che punta a realizzare infrastrutture faraoniche dimenticando le reali esigenze dei territori. Viceversa occorre favorire uno sviluppo vero della Calabria che crei nuove possibilità occupazionali, che rispetti e recuperi il nostro territorio, che migliori le condizioni di vita dei calabresi, che difendi l’ambiente e la salute dei cittadini e che tuteli i Beni Comuni e gli interessi concreti delle nostre comunità.

Il Forum punterà, dunque, ad approfondire le tante emergenze ambientali della nostra regione ed a proporre soluzioni condivise. Proprio a questo fine e per facilitare la partecipazione di tutti ma soprattutto per giungere a conclusioni propositive e concrete, il Forum si strutturerà in quattro gruppi di lavoro, che affronteranno le principali vertenze ambientali. Ed in particolare:

1) Acqua e beni comuni

In questo gruppo di lavoro si approfondirà la discussione sulla tutela dei beni comuni in Calabria ed in particolare lo sfruttamento economico delle risorse idriche della regione.

2) Navi dei veleni e rifiuti tossici

In questo gruppo di lavoro si approfondirà la discussione sulle problematiche legate allo smaltimento illegale dei rifiuti tossici in Calabria (Navi dei veleni, scorie nucleari, scorie industriali “Marlane”, il caso Crotone, Cerchiara, Sibari, Cassano Ionio, Amantea – valle del fiume Oliva, Cetraro,etc.)

3) Ponte e infrastrutture

In questo gruppo di lavoro si approfondirà la discussione sulla situazione relativa al progetto di costruzione del ponte sullo Stretto e su tutti gli altri progetti di opere faraoniche, speculative ed aggressive del territorio che proliferano nella regione Calabria. In questo gruppo di lavoro si coordineranno, anche, tutte le azioni legate alla manifestazione del 19 dicembre a Villa San Giovanni contro il ponte sullo Stretto.

4) Ciclo dei rifiuti ed energie

In questo gruppo di lavoro si approfondirà la discussione sul ciclo dello smaltimento dei rifiuti in Calabria (Commissariamento, piano regionale, società miste, discariche, inceneritori ed impianti di smaltimento) e sullo sfruttamento energetico intensivo del territorio.

La discussione nei gruppi di lavoro sarà la base su cui costruire le decisioni da prendere in assemblea plenaria e che riguarderanno anche le prossime iniziative da avviare in Calabria.

I lavori del Forum punteranno soprattutto a:

1)     Preparare un LIBRO BIANCO sull’emergenze ambientali della Calabria. A questo scopo sarà necessario che  tutti i partecipanti realizzino una descrizione dettagliata dei problemi ambientali dei propri territori.

2)     Organizzare al meglio la partecipazione e lo svolgimento della manifestazione del 19 dicembre a Villa San Giovanni contro il ponte sullo Stretto.

3)     Avviare una discussione su come costruire una vertenza ambientale che investa tutta la Calabria

4)     Decidere la denominazione che accomuni le rivendicazioni e le proposte dei comitati e delle associazioni calabresi partecipanti al Forum.

DOMENICA 06 DICEMBRE – LAMEZIA TERME

ORARI E LAVORI

Ore 9:00 Registrazione partecipanti

Ore 9:30 Apertura dei lavori dell’Assemblea Plenaria e presentazione delle iniziative da intraprendere, lettura del documento base e composizione dei gruppi di lavoro

Ore 10:30 Avvio dell’attività dei gruppi di lavoro

Ore 13:00 Pausa pranzo (colazione a sacco a carico dei partecipanti)

Ore 14:00 Ripresa dei lavori in Assemblea Plenaria

Ore 15:00 Fine dell’attività dei gruppi di lavoro

Ore 15.30 Dibattito in Assemblea Plenaria sul lavoro dei gruppi di lavoro – Proposte e deliberazioni finali

ORGANIZZATO DA:

(Altra Lamezia / ARCI Crotone / Associazione Confronti / Ass. Paolab / Associazione Ambientalista “Il riccio” – Castrovillari / Associazione Universitaria “Udu Cosenza” / Beni Comuni Cosenza / Casa della Legalità – Lamezia /CGIL Amantea / Centro Sociale “La Riscossa” / Cib Unicobas / Collettivo Universitario Socio-Politico-Culturale “Filol.8 – Azioni Manifeste” / Collettivo Universitario “P2 – Occupata Comitato Civico “Natale De Grazia” / Comitato Civico Valle Oliva Terre a Perdere / Coordinamento Calabrese Acqua Pubblica “Bruno Arcuri”/ c.s.o.a. “A. Cartella”/ FORA di Cosenza / Forum Ambientalista / Movimento Ambientalista del Tirreno / Movimento “Terra, Aria, Acqua e Libertà” – Crotone / Progetto Universitario Unical – “Ateneo Controverso”/ Rete No Ponte / Rosso Cetraro / Rua Sao Joa – Lamezia Terme / TerritoRio T)

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BASTA BUGIE!

3 dicembre 2009 Commenti chiusi

BASTA BUGIE! BASTA PRESE IN GIRO!

AVVIO IMMEDIATO DELLE BONIFICHE E MESSA IN SICUREZZA DEI TERRITORI!

La Calabria si trova, oggi più che mai, vittima di operazioni e interventi devastanti che rischiano di compromettere definitivamente ogni equilibrio ecologico e sociale, rendendo invivibili le condizioni delle comunità calabresi.

Dal Pollino allo Stretto, la lista delle lagnanze di questa terra martoriata si fa infatti sempre più lunga, quanto tragica, e la “scoperta” delle navi a perdere è solo la punta di un enorme sommerso iceberg.

Non può certo bastare la superficiale e sbrigativa risposta offerta dal Governo nazionale sulla vicenda delle “navi dei veleni”: le oltre 30mila persone che hanno partecipato alla manifestazione del 24 ottobre ad Amantea, testimoniano come i calabresi abbiano acquisito la consapevolezza di vivere su terreni avvelenati. Così nella vallata del Fiume Oliva, a Crotone, a Praia, nella sibaritide come nell’aspromontano:  le nostre montagne e i nostri mari per anni hanno svolto il compito di enormi discariche per rifiuti “ingombranti”.

Purtroppo il saccheggio dei territori si manifesta anche attraverso la svendita delle nostre risorse a favore degli appetiti del grande capitalismo internazionale. Così ci ritroviamo la più importante multinazionale al mondo nella gestione dei servizi ambientali, la francese Veolia, a farla da padrona su settori vitali come la gestione di acqua e rifiuti. Così svendiamo le ricchezze del territorio ed assistiamo all’imposizione di inquinanti impianti di produzione energetica in una regione che da decenni ne esporta grandi quantità.

Scelte dissennate, incuria e avidità, sono tra le principali cause del dissesto idrogeologico che caratterizza i nostri territori: la tragedia che ha colpito il messinese poteva essere assolutamente evitata se si fosse messo davanti a tutto la sicurezza della popolazione. Le tremende alluvioni che hanno causato frane e morti e le mareggiate che hanno devastato le nostre coste lo scorso inverno, avrebbero già dovuto mettere in guardia chi di competenza: poco o nulla è stato fatto per rimediare ai tanti disastri, sicuramente niente per la messa in sicurezza.

A fronte di tutto questo, siamo costretti a subire l’ennesima provocazione: l’annuncio della prima pietra del ponte sullo Stretto, una farsa che dura ormai da quarant’anni, che è già costata oltre 520 milioni di euro senza riuscire neanche ad arrivare all’approvazione del progetto definitivo.

Come cittadini calabresi siamo stanchi di essere umiliati da istituzioni e affaristi, di vedere la nostra terra svenduta per i loro interessi.

Basta con le false promesse! Noi vogliamo che i soldi destinati al Ponte vengano impiegati da subito per le opere di messa in sicurezza e di bonifica dei nostri territori; vogliamo che la Regione Calabria, dopo la dichiarazione di contrarietà alla realizzazione del Ponte ed all’adesione alla manifestazione di Villa San Giovanni sia conseguenziale ed esca dalla “Stretto di Messina SpA”; vogliamo che il Governo dia risposte concrete alle emergenze concrete!

Come associazioni ambientaliste, movimenti, comitati calabresi ci incontreremo il 6 dicembre, a Lamezia Terme, per coordinare meglio le nostre forze e risorse sparse in tutto il territorio e unificare i nostri sforzi nella difesa di questa terra.

Per rispondere alla beffa natalizia saremo il 19 dicembre a Villa San Giovanni, per dire No al Ponte sullo Stretto.

IL 23 NOVEMBRE 2009 FACCIAMO SENTIRE LA NOSTRA VOCE AL GOVERNO ED ALLE ISTITUZIONI SEMPRE PIU’ LONTANE DALLE POPOLAZIONI

SIT-IN  DAVANTI LE PREFETTURE DI COSENZA, CATANZARO,CROTONE, VIBO VALENTIA,REGGIO CALABRIA.

Tanti luoghi una sola voce

Organizzato da

(Altra Lamezia / ARCI Crotone / Associazione Confronti  / Associazione Paolab / Associazione Ambientalista “Il riccio” – Castrovillari / Associazione Universitaria “Udu Cosenza” / Beni Comuni Cosenza / Casa della Legalità – Lamezia /CGIL Amantea / Centro Sociale “La Riscossa” / Cib Unicobas / Collettivo Universitario Socio-Politico-Culturale “Filol.8 – Azioni Manifeste” / Collettivo Universitario “P2 – Occupata” / Comitato Civico “Natale De Grazia” / Comitato Civico “Valle Oliva Terre a Perdere” / Coordinamento Calabrese Acqua Pubblica “Bruno Arcuri”/ c.s.o.a. “A. Cartella”/ FORA di Cosenza / Forum Ambientalista / Movimento Ambientalista del Tirreno / Movimento “Terra, Aria, Acqua e Libertà” – Crotone / Progetto Universitario Unical – “Ateneo Controverso”/ Rete No Ponte / Rosso Cetraro / Rua Sao Joao – Lamezia Terme / TerritoRio T)

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Parlano la madre di Ilaria e il faccendiere Giorgio Comerio

2 dicembre 2009 Commenti chiusi

Articolo pubblicato dal settimanale VIVO

Parlano la madre di Ilaria e il faccendiere Giorgio Comerio

di Raffaella Fanelli

«Non so niente di Ilaria Alpi. E non ho mai avuto, né ho mai visto, il suo certificato di morte». A parlare è Giorgio Comerio, protagonista negli anni ‘90, secondo gli investigatori calabresi, di un gigantesco traffico di rifiuti radioattivi con altri faccendieri, malavitosi e trafficanti d’armi. Non lo abbiamo cercato in Africa, dove ha dichiarato di essersi trasferito, né in Svizzera, in quella casa di Lugano venduta come tutto il resto, ma in Italia, in Liguria, in un paese dell’entroterra. «Sono sempre stato qui, perché dovrei fuggire? Non ho niente da nascondere». Ma era nascosta  nella sua villa di Garlasco  una cartellina gialla con la scritta Somalia e il numero 31. Nella cartella c’era il certificato di morte di Ilaria Alpi. «Le ripeto che non ho mai avuto quel certificato. L’unico certificato di morte trovato in casa mia è quello di mia suocera. E poi che senso avrebbe avuto per me avere il certificato di morte di Ilaria Alpi? Chi me lo avrebbe dato? Il comune di Roma?». Lei conosce Giancarlo Marocchino? «Mai conosciuto. E  perché mai avrei dovuto? Non sono mai stato in Somalia né ho mai frequentato somali.  E’ tutta una bufala, una vergognosa montatura. Se ci fosse stato qualcosa non sarei qui ma in carcere… Nessun reato è mai emerso, smettetela di indicarmi come il  boss delle scorie nucleari». Giorgio Comerio chiude la conversazione. E la porta di casa. Dice di non aver mai avuto  rapporti con Giancarlo Marocchino, il discusso imprenditore italiano tirato in ballo da  Francesco Fonti, il pentito della ‘ndrangheta autore delle clamorose rivelazioni sulle navi dei veleni affondate nel Mediterraneo. Giancarlo Marocchino, secondo Fonti, avrebbe messo a disposizione uomini e mezzi necessari a scaricare le navi cariche di rifiuti tossici e armi… «prendevano i bidoni di scorie e come pagamento le casse di armi. Preferivano quelle ai soldi». E sempre secondo Fonti sarebbe stato Giancarlo Marocchino, grazie alle sue amicizie, ad evitare fastidi e controlli. Dichiarazioni confermate dal pentito anche la scorsa settimana a Roma, davanti al pm Giancarlo Amato che da un anno e mezzo segue quell’inchiesta che il gip Emanuele Cersosimo non ha voluto archiviare. L’inchiesta  sulla morte di Ilaria Alpi, la giornalista del Tg3 uccisa in Somalia il 20 marzo del 1994 insieme a Miran Hrovatin. Ma Fonti di quel duplice omicidio dice di non avere notizie precise, almeno non dirette. Perché avvenuto nel 1994, lo stesso anno in cui aveva iniziato a collaborare. A parlare. Eppure solo di recente,  nel 2004,  ha detto di questo traffico di rifiuti tossici. Non prima. Ha accusato Giancarlo Marocchino che da Mogadiscio lo ha querelato. Francesco Fonti ha anche rivelato di aver avuto più volte contatti con Marino Ganzerla, imprenditore di Pavia domiciliato in Svizzera, socio di Giorgio Comerio.  Addirittura ha detto di aver  ricevuto (ma la circostanza non è mai stata dimostrata)  dall’imprenditore somme di denaro in cambio dello stoccaggio di ingenti quantitativi di rifiuti tossici in Somalia. Ma facciamo un passo indietro.  Giancarlo Marocchino. fu la prima persona a vedere i cadaveri di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, lui a ordinare che venissero caricati sulla sua vettura. Lui a ritrovare il block notes della giornalista e le videocassette di Miran. «E mancano le registrazioni», ricorda Luciana Alpi, la mamma di Ilaria. «Mia figlia prima di essere uccisa aveva incontrato il  sultano di Bosaso. Ricordo che nella sua deposizione davanti alla commissione  parlamentare il sultano disse   di essere stato intervistato per quasi tre ore da Ilaria e Miran. Eppure il nastro ritrovato contiene solo 25 minuti di video e nessuno ha saputo spiegarne il motivo. Un’intervista che era stata realizzata soprattutto per confermare, in sostanza, le fonti. Questo ha raccontato il sultano, Ilaria era al corrente sia del traffico d’armi sia del traffico di rifiuti e da lui voleva solo una conferma. Sono, dunque, molti i punti che non sono mai stati approfonditi, come anche la storia delle minacce ricevute da Ilaria. Nonostante queste dichiarazioni, però, non è successo nulla». E sono 26 i punti che il nuovo pm Giancarlo Amato ha avuto l’incarico di analizzare. Eppure in quei punti manca Giorgio Comerio. Nessuno ha pensato di convocarlo nonostante quel certificato di morte di Ilaria Alpi che il  capitano Natale De Grazia avrebbe trovato nella casa di Garlasco di proprietà del noto faccendiere. «Esatto, continua Luciana Alpi. Noi quel certificato  ancora non lo abbiamo, e sono passati 15 anni dalla morte di mia figlia. Ma gli inquirenti non hanno nessuna perplessità su questa persona che aveva in mano, chissà come, questo documento oltre a  un dossier sulla Somalia, carte poi sparite, “prelevate” dall’archivio della procura di Reggio Calabria. E Natale de Grazia  ha perso la vita per niente…».

«Anche per  Ilaria e Miran si è trattato di delitti su commissione. Per avere un colpo alla nuca qualcosa di grosso avevano trovato. Non si deve dimenticare che entrambi sono stati freddati da un solo colpo… non sono morti in un conflitto a fuoco. Quella è stata un’esecuzione. Sono spariti anche tre block notes di Ilaria, fogli con numeri telefonici».

E non per niente Fadouma Mohamed Mamud, figlia dell’ex sindaco di Mogadiscio, dichiara a verbale il 16 giugno 1999: «Ilaria mi aveva dichiarato che seguiva una certa pista, una pista abbastanza pericolosa  di cui non dovevo parlare con nessuno. Si interessava a certe cose orrende che venivano fatte sulle coste della Somalia, che venivano scaricate sulle nostre coste, sul mare dei rifiuti tossici». Tutte dichiarazioni raccolte dalla    Commissione parlamentare presieduta da Carlo Taormina «Non mi parli di commissioni per carità… meglio i magistrati che non fanno niente di chi lavora   per  screditare l’indagine o inventarsi nuove piste per allungare i tempi. Il fatto è che sono enormi  gli interessi e importanti le persone in ballo. I mandanti dell’omicidio di mia figlia sono italiani. O meglio ci sono anche italiani in mezzo. Sono tanti gli indizi ma mancano le prove. E quelle vanno cercate con un’inchiesta seria».   Intanto noi di Vivo abbiamo cercato  nella vita di Giorgio Comerio. Fra le carte e i fascicoli che abbiamo avuto la possibilità di visionare c’è anche la deposizione di una donna, M.L.N.,  compagna di Comerio dal 1986 al 1992. Di lei scriviamo solo le iniziali perché ci chiede di non essere «ancora tirata in ballo in questa brutta storia. Sono una persona normale, ho 61 anni, insegno informatica in una scuola di Milano, e voglio solo dimenticare Giorgio Comerio. Se me lo ritrovassi davanti farei finta di non conoscerlo. Quelli con lui sono stati gli anni più brutti della mia vita… ma una donna quando è innamorata non riesce ad essere razionale. A capire».  Lei nel 1995 parlò dei traffici di Comerio… «Mi disse di    appartenere ai servizi segreti… mi confidò pure che per conto del governo di un paese sudamericano  aveva avuto incarico di vendere armi ad altri Paesi». Ma c’è un altro particolare interessante che emerge dalla dichiarazioni di M.L.N, l’amicizia di Comerio con due fratelli italiani da lui stesso definiti “mafiosi”. «Sì … tra la fine del ‘92 e l’ini­zio del ’93. I contatti c’erano stati per la vendita delle armi».  Dichiarazioni, indagini, e morti. Ma nessun processo, nessuna condanna.  Tutte le indagini si sono sempre concluse con un nulla di fatto. Nonostante le tracce inconfutabili di patti scellerati, il 14 novembre del 2000, il giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria  archivia l’inchiesta scrivendo che «certamente c’è traccia di un  disegno criminale di smaltimento in mare di rifiuti radioattivi ordito da Giorgio Comerio e dai suoi complici, tutti soci della Holding O.d.m. », ma che «mancano elementi che consentano di ricondurre in tale program­ma l’affondamento delle navi Rigel e Ros­so, non essendo emerso che le stesse tra­sportassero rifiuti radioattivi». E la storia, oggi, rischia di ripetersi.

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Omissioni ombre e depistaggi sulle navi dei veleni

2 dicembre 2009 Commenti chiusi

articolo pubblicato dal settimanale VIVO

Omissioni ombre e depistaggi sulle navi dei veleni

di Raffaella Fanelli

Indagini complesse e riservate. Che vanno avanti da anni fra depistaggi e strane archiviazioni. Indagini che portano a faccendieri, mafiosi e imprenditori responsabili di un traffico di rifiuti  tossici tra Italia e Africa.   Tante le inchieste avviate negli ultimi trent’anni  da diverse procure, da quella di Asti, di Roma, Brindisi, Udine, Milano, Reggio Calabria, Lecce, Matera, e in tutte si rincorrono una serie di persone coinvolte in strane operazioni. Ma c’è un nome che compare spesso. Troppo spesso. E’ quello di Guido Garelli, 54 anni, detenuto per un periodo nel carcere di Ivrea, nello stesso istituto dov’era ospitato anche il pentito della ‘ndrangheta Francesco Fonti, autore delle clamorose rivelazioni sulle navi affondate nel Mediterraneo. <<Fonti sta “collaborando”  da quattro anni. Queste stesse dichiarazioni le aveva già rilasciate alla Dda di Reggio Calabria. Non c’è niente di nuovo>>. A parlare è Domenico Lence, ambientalista del Comitato lucano anti-scorie che da oltre vent’anni continua a firmare decine di denunce, informative  ed esposti, <<ci sono stati – continua Lence – sporchi comitati d’affari intenzionati solo ad alimentare i loro sporchi interessi>>. Di questi presunti comitati c’è traccia in documenti riservati, deposizioni e fascicoli lasciati in un armadio della procura di Matera, e che noi di Vivo abbiamo avuto la possibilità di visionare. Indagini avviate dal pubblico ministero Nicola Maria Pace, oggi procuratore a Brescia.  Da queste “vecchie” risultanze istruttorie   si può comporre un puzzle, un’ipotesi  che porta a scavare nelle rotte delle navi dei misteri. Uno scenario, agghiacciante, che sembra avere un senso. Porta in Somalia ma parte dall’Italia. Dalla Basilicata. E’ il 17 aprile del 2000 quando ai carabinieri arriva un’informativa su strani permessi di accesso-uscita dal Centro della Trisaia di Rotondella. Ai militari la stessa fonte denuncia trasporti di uranio verso Marsiglia.  Poi  c’è la fotocopia di un biglietto d’ingresso e di un documento di viaggio di materiale radioattivo relativo al trasporto di 1900 chilogrammi di cesio e plutonio effettuato il 21 settembre e il 4 ottobre 1994 dalla ditta “Mit Nucleare” di Carugate e dal Centro Enea di Saluggia al Centro di Rotondella. Ma  l’Enea ha sempre sostenuto che nel Centro lucano non è mai stato introdotto, prodotto, trattato o trasferito plutonio (la materia prima della bomba atomica) utilizzabile per scopi civili o militari. <<100 bidoni di scorie uscirono dalla Trisaia per essere sotterrati lungo il torrente Vella, un agro di Ferrandina>>, denuncia Domenico Lence. <<Era la notte tra l’11 e il 12 gennaio del 1987.  500 invece i bidoni di scorie che partirono per la Somalia. Un’operazione condotta  dalla ‘ndrangheta. Tutto parte dal riprocessamento delle barre, quelle maledette barre provenienti dalla centrale nucleare di Elk River, nel Minnesota,  e stipate nel centro della Trisaia>>. In che senso? <<Nel senso che nessuno sa che esperimenti hanno fatto in quel Centro>>.

84 barre di uranio dal peso di 2,4 tonnellate,  di proprietà degli Stati Uniti ma “conservate” nel Centro della Trisaia.  20 sono state riprocessate  nell’ambito di un “programma congiunto di ricerche sul riprocessamento e rifabbricazione di combustibile nel settore del ciclo uranio-torio”, questo si legge nella prima pagina di un dossier riservato relativo alla sistemazione del materiale americano depositato nell’impianto.  E Francesco Fonti, la gola profonda della ’ndrangheta, parla della Trisaia  in un verbale del 20 marzo 2004. Alcuni rifiuti del Centro di Rotondella sarebbero partiti per la Somalia su una nave della compagnia Shifco approdata a Bosaso. Ma torniamo a Guido Garelli, nativo di Taranto e residente nell’Amministrazione Territoriale del Sahara  (l’area che da anni punta a staccarsi dal Marocco, amministrata dal Fronte Polisario), da molti considerato organico ai servizi segreti statunitensi e italiani. Interrogato il 17 marzo del 2003 Guido Garelli dichiarava a verbale che la Trisaia di Rotondella <<era una sorta di outlet atomico>>. Clienti principali Iraq e paesi arabi. <<Nel periodo in cui  si svolgevano le attività di ricerca c’era uno scambio informativo   con  Paesi mediorientali, con stages di tecnici iracheni e pakistani che frequentavano il Centro di Rotondella>>.  Ma il Centro della Trisaia, ha raccontato il pentito della ‘ndrangheta Francesco Fonti, interessava anche al clan Musitano, che operava nella Locride, e che si sarebbe servito dello stesso Fonti per mantenere i contatti con il Centro in cui sarebbero stati stoccati moltissimi fusti contenenti scarti di lavorazioni di materiale radioattivo. La gran parte di quei fusti, con l’intervento dello stesso Fonti – ha raccontato quest’ultimo – sarebbero stati poi caricati a bordo di navi.  Alcune arrivate a destinazione, in porti come quello di Bosaso, altre  fatte inabissare con il loro carico di veleni. Come quella ritrovata a largo di   Cetraro, non oggi o il mese scorso. Quella nave, la Cunski, è stata    stanata e localizzata già due anni fa dalla stessa procura di Paola.  L’inchiesta era nella mani di altri magistrati, poi tutto si arenò. Perché? Oggi sull’onda della rinnovata ridondanza investigativa si riparla di quello che già si sa. Da anni. Da decenni. Era infatti il 21 settembre del 1987 quando la nave Rigel si inabissò a largo di Capo Spartivento. Su quell’affondamento stava indagando il   capitano Natale De Grazia morto    in circostanze sospette il 13 dicembre 1995, mentre era in missione per conto della procura di Reggio Calabria. <<Si stava recando a La Spezia per raccogliere importanti deposizioni e documenti nautici relativi allo spiaggiamento di un’altra motonave, la Rosso>>, ricorda Gianfranco Posa, uno dei fondatori del Comitato Civico  Natale De Grazia che dal 2004 chiede la riapertura delle indagini sulla morte del capitano. Della motonave Rosso, meglio conosciuta come Jolly Rosso,  aveva trattato l’acquisto Giorgio Comerio un noto faccendiere lombardo indagato più volte per smaltimento illecito di scorie radioattive. <<Gli investigatori di Reggio Calabria, tra cui il De Grazia, avevano scoperto che Comerio voleva  trasformare la Jolly Rosso in una fabbrica ambulante di telemine, siluri carichi di scorie radioattive da sparare sotto i fondali marini>>.  E sulla motonave   furono trovati documenti con sigla O.D.M. (Oceanic disposal management), con chiari riferimenti al progetto di Giorgio Comerio. <<Nel corso delle indagini Natale De Grazia ed i suoi collaboratori –  continua Gianfranco Posa –  maturarono la convinzione, che la Jolly Rosso doveva essere affondata al largo del Golfo di Sant’Eufemia, vicino Catanzaro, per smaltire un carico di rifiuti pericolosi e per lucrare sul premio di assicurazione. L’affondamento non riuscì e il 14 dicembre 1990 la nave si arenò sulla spiaggia di Amantea in località Formiciche>>.

E la procura di Paola  ritiene che i rifiuti tossici contenuti nella stiva della Rosso siano stati interrati sul territorio di Amantea.  <<In località Valle del Signore, nel fiume Oliva –  conferma Gianfranco Posa –   è emersa la presenza di rifiuti radioattivi ed in altri punti  dello stesso fiume sono stati scoperti dei sarcofaghi in cemento pieni di rifiuti tossici come il mercurio>>.

Ed è bene sapere che per la ricerca della Rigel c’è stata la consulenza tecnica del dottor Mario Scaramella, noto alle cronache per essere stato coinvolto nell’avvelenamento dell’ex spia russa Aleksandr Litvinenko.
<<De Grazia –  denuncia ancora Posa –   morì in un momento cruciale dell’inchiesta. Fece una sosta a Nocera Inferiore e insieme ad altre persone si recò al ristorante. Lui fu l’unico a mangiare il dolce, dopodiché si rimise in viaggio in automobile, si appisolò e morì>>. Ucciso da cosa? <<Il risultato dell’autopsia fu: arresto cardiocircolatorio. L’esame venne  eseguito 10 giorni dopo, il tempo di far scomparire eventuali tracce di avvelenamento>>, per la vedova Anna Vespia.

Non venne ammesso il consulente medico della famiglia che fece ripetere gli esami. I risultati della seconda autopsia, compiuta dal perito del primo referto, arrivarono per posta alla vedova dieci anni dopo.

(1. continua)

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Verso il Forum delle associazioni – Conferenza Stampa

2 dicembre 2009 Commenti chiusi

Alla c.a. dei responsabili delle testate giornalistiche calabresi

SEDE

COMUNICATO STAMPA

Un Forum permanente per affrontare le emergenze ambientali  della Calabria

In una conferenza stampa gli organizzatori della manifestazione di Amantea presentano i prossimi passi del movimento

Lamezia Terme, 2 dicembre 2009 - Si terrà venerdì alle ore 11 in Piazza Vittorio, 7 a Cosenza nella sede della Cgil la conferenza stampa di presentazione del “Forum regionale sull’ambiente”. Questo prossimo grande appuntamento che diverrà evento per la storia delle rivendicazione territoriali calabresi si svolgerà Domenica 6 dicembre con inizio alle ore 9,30 all’interno dell’Agroalimentare di Lamezia Terme dove comitati civici, associazioni e movimenti si incontreranno per affrontare le grandi questioni ambientali che interessano la nostra regione.  Un appuntamento che segue la grande mobilitazione che è iniziata con la manifestazione del 24 ottobre ad Amantea ed è proseguita con i sit-in davanti le 5 prefetture calabresi per rivendicare maggiore attenzione sull’ambiente, sulla gestione delle risorse naturali e sulle politiche economiche ed energetiche della Calabria. In questa occasione i rappresentanti delle maggiori associazioni del movimento spiegheranno anche le prossime iniziative in programma per tenere alta l’attenzione sui tanti drammi che sta vivendo la nostra regione.

Gli  organizzatori della manifestazione “Basta Veleni” del 24 ottobre ad Amantea

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Quei veleni Top secret “L’Espresso” intervista l’on. Angela Napoli (commissione antimafia)

13 novembre 2009 Commenti chiusi

fonte: settimanale L’Espresso

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/e-ufficiale:-il-game-fa-bene/2114385

Quei veleni top secret

di Riccardo Bocca

Il governo cerca di nascondere la verità sull’inchiesta. L’accusa della parlamentare Pdl dell’Antimafia. Colloquio con Angela Napoli

Angela Napoli, membro Pdl della commissione parlamentare Antimafia, lo dice apertamente:”Il governo sta cercando di nascondere la verità sulle navi dei veleni, e su quella di Cetraro in particolare. Si vogliono coprire segreti di Stato, e la strada scelta è quella del silenzio. O peggio ancora, di dichiarazioni che non stanno in piedi”. Parole che arrivano dopo giornate intense. La settimana scorsa Pippo Arena, il pilota del congegno sottomarino che il 12 settembre aveva filmato la nave sui fondali calabresi, ha dichiarato a “L’espresso” che “due stive erano completamente piene”. Poi è stato il turno del ministero dell’Ambiente, che ha pubblicato on line le immagini girate a fine ottobre su quello che ha presentato come il piroscafo Catania. Infine è spuntata, tra politici e ambientalisti, l’ipotesi che nel mare di Cetraro ci siano non uno, ma più relitti. “Il che potrebbe giustificare la fretta di voltare pagina del ministro dell’Ambiente”, dice l’onorevole Napoli.

Un’accusa pesante, la sua: su cosa si basa?
“Penso, per esempio, a cosa è successo il 27 ottobre quando è stato ascoltato dalla commissione Antimafia il procuratore nazionale Piero Grasso. Appena gli ho posto domande vere, scomode, il presidente della commissione Beppe Pisanu ha secretato la seduta…”.

Si può sapere, nei limiti del lecito, quali argomenti toccavano le sue domande?
“Chiedevo chiarezza sul ruolo dei servizi segreti in questa vicenda. Domandavo come potesse il pentito Francesco Fonti, che non è della zona, indicare il punto dove si autoaccusa di avere affondato una nave, e farlo effettivamente coincidere con il ritrovamento di un relitto. Volevo che superassimo le ipocrisie, insomma. Anche riguardo al memoriale del pentito, che è stato custodito per quattro anni, dal 2005, nei cassetti della Direzione nazionale antimafia senza che nessuno facesse verifiche”.

Il ministero dell’Ambiente ha pubblicato sul suo sito le riprese della nave affondata a Cetraro. Non basta?
«Può bastare un filmino in bassa risoluzione che, quando clicchi, si apre su YouTube? Non scherziamo. E aggiungo: poniamo anche che le stive risultino vuote. Dov?è finito il carico visto dal pilota il 12 settembre?». Un dato è certo: alle 12,56 del 27 ottobre, il ministro Prestigiacomo ha detto che il robot aveva già svolto «le misurazioni e i rilievi fotografici del relitto».

Ed è stata smentita due volte: alle 13,12 dello stesso giorno dalla società Geolab che svolgeva il lavoro («Abbiamo fatto solo rilievi acustici»); poi in diretta a Sky da Federico Crescenti, responsabile del Reparto ambientale marino delle capitanerie di porto, il quale ha spiegato che le operazioni in acqua del robot sono iniziate la sera del 27.
«Dico di più. Sempre il 27 ottobre, la direzione marittima di Reggio Calabria ha trasmesso alla commissione Antimafia una mappa con i punti di affondamento di 44 navi lungo le coste italiane. Guarda caso, in Calabria ci sono nove croci senza nome…».

Rilancerà questo elemento in commissione Antimafia?
«Certo. Ma è difficile che un governo smascheri ciò che un altro governo ha occultato. C?è l?interesse bipartisan ad andare oltre, a dimenticare che il pentito Fonti parla di legami con ex democristiani e socialisti ancora attivi. Ricordiamo che il sottosegretario agli Esteri, in questo governo, fa di nome Stefania e di cognome Craxi».

Quindi?
«Basta con i segreti. Il governo vuole chiudere il caso Cetraro? Renda pubbliche le immagini satellitari dei traffici avvenuti nei mari italiani tra gli anni Ottanta e Novanta. La verità c?è già: basta avere voglia di vederla».

(11 novembre 2009)

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Verso il Forum Regionale delle associazioni ambientaliste

12 novembre 2009 Commenti chiusi

INCONTRO ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE CALABRESI

REPORT DECISIONI MATURATE

Mobilitazione per Manifestazione “No Ponte” del 19 dicembre, Costituzione di un Forum ambientalista regionale del 6 dicembre e sit- in davanti le prefetture il 23 novembre.

Copia di 24 ootobre 2009

Si è svolto a Lamezia Terme il 10.11.2009 il primo incontro-contatto tra alcune delle maggiori associazioni e comitati ambientalisti che hanno partecipato attivamente alla manifestazione di Amantea del 24 ottobre scorso contro l’avvelenamento della Calabria e la distruzione sistematica delle sue risorse ambientali.

Nel corso dell’incontro si sono affrontate principalmente tematiche legate al rilancio dell’attività dei movimenti ambientalisti proprio dopo il successo della manifestazione dei Amantea che ha portato in piazza oltre 30 mila persone. In particolare si è proposto di avviare una serie di iniziative tese a mantenere alta l’attenzione sulle problematiche ambientali che interessano la Calabria ad iniziare dalle tante vicende di avvelenamento del territorio in svariati siti della nostra regione, vedasi tra gli altri Crotone, Praia a Mare, la Vallata del torrente Oliva e la Sibaritide.

Inoltre è stato posto l’accento sulla grave minaccia per l’ecosistema calabrese che rappresenta la realizzazione annunciata dal Governo centrale del ponte sullo Stretto di Messina. A questo proposito si è ribadito ed è stato accettato da tutte le delegazioni presenti all’incontro la necessità di rilanciare la manifestazione di protesta contro la realizzazione del ponte del prossimo 19 dicembre a Villa San Giovanni attraverso una serie di azioni di promozione dell’evento da realizzare in tutta la Calabria.

Nello stesso incontro si è stabilito di Costituire un Forum permanete ambientalista regionale fissando un primo appuntamento al 6 dicembre prossimo a Lamezia Terme. Questa iniziativa, secondo gli intervenuti, permetterà tra l’altro di affrontare in un’unica sede le svariate emergenze ambientali che interessano la Calabria. Proprio a questo fine si è deciso di istituire, in quella sede, alcune commissioni che si occuperanno direttamente dei problemi ambientali raggruppandoli per aree tematiche (Acqua e beni comuni; Navi dei veleni e rifiuti tossici; Ponte sullo stretto ed infrastrutture; Ciclo dei rifiuti ed energie).

Si è sostenuto che il Forum permetterà anche di discutere le seguenti problematiche:

1) Preparazione di un LIBRO BIANCO sulla Calabria. Per cui si chiede a tutti i partecipanti di portare una descrizione dettagliata dei problemi ambientali del proprio paese.

2) Adesione, organizzazione e partecipazione alla manifestazione del 19 dicembre a Villa san Giovanni contro il ponte sullo Stretto.

3) Movimento futuro. Discussione sul che fare dopo.

Inoltre nel corso della discussione si è deciso di organizzare per il prossimo lunedì 23 novembre un sit-in da effettuare in contemporanea davanti alle cinque prefetture calabresi per presentare una piattaforma unica di rivendicazione sulle varie emergenze che interessano la Calabria. A questo fine è stato deciso di realizzare un documento unico di rivendicazione da distribuire in quella occasione. Un altro documento, invece, sarà redatto per lanciare un appello per partecipare al Forum ambientalista di Lamezia Terme.

Hanno partecipato a questo primo incontro preparatorio del Forum dei movimenti ambientalisti le seguenti associazioni:

Comitato Civico Natale De Grazia / Movimento Ambientalista del Tirreno /Forum Ambientalista / Beni Comuni Cosenza / Rosso Cetraro / Ass. Paolab / Ass.Confronti / Comitato Civico Valle Oliva Terre a Perdere / Cib Unicobas / ARCI Crotone/Movimento “Terra, Aria, Acqua e Libertà” Crotone/ Collettivo Universitario Socio-Politico-Culturale “Filol.8 – Azioni/Manifeste”Collettivo Universitario “P2 – Occupata”/Progetto Universitario Unical – “Ateneo Controverso”/Associazione Universitaria “Udu Cosenza”/ FORA di Cosenza/CPo Rialzo/Collettivo Evasione

LAMEZIA TERME 10.11.2009

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Cattiva informazione

11 novembre 2009 Commenti chiusi

Replica all’articolo pubblicato dal quotidiano

Gazzetta Del Sud”

in testa a pagina 35 del 10 novembre 2009

Gentilissimo Direttore e gentilissimo  Fabio Melia,

in merito all’articolo apparso stamattina martedì 10 novembre 2009 sulla Gazzetta Del Sud a pagina 35 dal titolo “Il “De Grazia” pronto a sottoscrivere una lista in appoggio al centrosinistra”, riteniamo l’informazione data ai lettori non corrispondete al vero.

Il titolo non coincide con il contenuto dell’articolo firmato dalla giornalista Marta Perrotta in quanto durante l’intervista rilasciata dall’Assessore regionale Silvio Greco il nome dello scrivente comitato non viene mai citato, né risulta dal testo che il comitato abbia mai preso contatti elettorali con lo stesso Greco, né con altri partiti del centrosinistra come farebbe presumere il titolo, ne con altri partiti in generale.

Siamo molto dispiaciuti soprattutto del commento “La presenza sulla scheda è una crisi d’identità?” sempre pubblicato nella stessa pagina a firma di Fabio Melia che, riteniamo oltre a riportare informazioni non corrette, anche offensivo nei confronti dell’associazione che rappresento, di tutti quei cittadini che sono scesi in piazza il 24 ottobre 2009 ad Amantea e soprattutto della memoria del comandante Natale De Grazia.

Infatti, aldilà delle libere scelte che potrebbero fare i singoli, non solo il comitato non ha nessuna intenzione di partecipare a campagne elettorali presenti e future, ma certamente non sarà mai utilizzato il nome del comandante De Grazia per  sostenere cartelli elettorali di qualsiasi schieramento politico. Sarebbe un’offesa alla sua memoria e alla sua famiglia.

Pertanto diffidiamo a scrivere e pubblicare altri articoli di tale tenore senza sentire il presidente del comitato o altri membri del direttivo e a pubblicare interamente la presente ai sensi  dell’art. 8 della legge sulla stampa 47/1948, e chiede che la seguente replica agli articoli apparsi a pagina 35 della Gazzetta del Sud sia inserita in testa di pagina e collocata nella stessa pagina del giornale.

Il Comitato “Natale De Grazia” è lontano da qualsiasi schieramento politico.

L’associazione conferma la sua distanza da tutti i  partiti politici.

Il nome del comandante Natale De Grazia non sarà mai utilizzato per sostenere cartelli elettorali. Il comitato non ha perso la sua identità e rilancia il tema dell’impegno civile contro l’inquinamento dell’intero territorio calabrese.

Non vi è stato alcun minimo contatto, se non istituzionale, con esponenti del mondo politico regionale. Gli incontri sono stati tutti finalizzati, esclusivamente, a comprendere e risolvere il fenomeno dell’inquinamento da materiale tossico, nocivo e/o radioattivo dei nostri territori che compromette la nostra salute e quella dei nostri figli. Per questo il Comitato “Natale De Grazia” ritiene del tutto strumentale interpretare la ribadita stima verso l’assessore regionale, Silvio Greco, per il suo impegno istituzionale come una scelta politica di campo per le prossime elezioni regionali. Qualsiasi posizione assunta dal Comitato non può che derivare da comunicati stampa o da dichiarazioni degli esponenti stessi dell’associazione e non scaturire da supposizioni o bieche ipotesi formulate da organi di stampa regionali.

Ricordiamo che il Comitato “De Grazia” ha nel suo patrimonio genetico un perfetto sistema immunitario che lo tutela da qualsiasi contaminazione partitica. Una scelta dovuta anche e soprattutto alla decisione di legare l’attività della nostra associazione al nome di un uomo come il capitano di fregata Natale De Grazia che ha fatto della sua vita un emblema di impegno e di serietà istituzionale. Per queste ragioni la caratteristica del Comitato non potrà in nessun caso mutare come anche quella di associazione di uomini e donne liberi che non si arrestano davanti a “verità imposte” e viceversa chiedono soluzioni definitive e vere a vicende che per anni hanno avvelenato ed avvelenano i nostri territori e con essi la nostra stessa salute.

Ringraziando per l’attenzione porgiamo distinti saluti.

Amantea lì 10.11.2009

Comitato Civico “Natale De Grazia”

Il Presidente

Gianfranco Posa

Articolo Gazzetta Del Sud 10.11.09

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Comitato “Natale De Grazia” lontano da qualsiasi schieramento politico

10 novembre 2009 Commenti chiusi

COMUNICATO STAMPA

Comitato “Natale De Grazia” lontano da qualsiasi schieramento politico

L’associazione conferma la sua distanza da tutti i  partiti politici: il nome del comandante Natale De Grazia non sarà mai utilizzato per sostenere cartelli elettorali. Mentre il comitato rilancia il tema dell’impegno civile contro l’inquinamento dell’intero territorio calabrese.

Non vi è stato alcun minimo contatto, se non istituzionale, con esponenti del mondo politico regionale. Gli incontri sono stati tutti finalizzati, esclusivamente, a comprendere e risolvere il fenomeno dell’inquinamento da materiale tossico, nocivo e/o radioattivo dei nostri territori che compromette la nostra salute e quella dei nostri figli. Per questo il Comitato “Natale De Grazia” ritiene del tutto strumentale interpretare la ribadita stima verso l’assessore regionale, Silvio Greco, per il suo impegno istituzionale come una scelta politica di campo per le prossime elezioni regionali. Qualsiasi posizione assunta dal Comitato non può che derivare da comunicati stampa o da dichiarazioni degli esponenti stessi dell’associazione e non scaturire da supposizioni o bieche ipotesi formulate da organi di stampa regionali.

Ricordiamo che il Comitato “De Grazia” ha nel suo patrimonio genetico un perfetto sistema immunitario che lo tutela da qualsiasi contaminazione partitica. Una scelta dovuta anche e soprattutto alla decisione di legare l’attività della nostra associazione al nome di un uomo come il capitano di fregata Natale De Grazia che ha fatto della sua vita un emblema di impegno e di serietà istituzionale. Per queste ragioni la caratteristica del Comitato non potrà in nessun caso mutare come anche quella di associazione di uomini e donne liberi che non si arrestano davanti a “verità imposte” e viceversa chiedono soluzioni definitive e vere a vicende che per anni hanno avvelenato ed avvelenano i nostri territori e con essi la nostra stessa salute.

Amantea lì 10.11.2009

Comitato Civico “Natale De Grazia”

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Nave Cetraro, il 12 settembre la stiva era piena

6 novembre 2009 Commenti chiusi

Fonte: L’Espresso

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/una-nave-e-mille-misteri/2113913//0

Una nave e mille misteri

di Riccardo Bocca

del 04 novembre 2009

mare oceano
Dopo i rilievi eseguiti, per il ministro e il procuratore Grasso il caso del relitto dei veleni è risolto. Eppure troppi sono ancora i dubbi. E si parla già di depistaggio

La sera di venerdì 30 ottobre, l’emittente calabrese Telespazio trasmette una puntata davvero speciale del talk show “Perfidia”. In studio, c’è un gruppo di pescatori della costa tirrenica per parlare dei fondi a loro sostegno, dopo il crollo delle vendite dovuto al caso “navi dei veleni”. Uno dei pescatori, Franco, non è però d’accordo. Ha saputo che il giorno prima, nel corso di una conferenza stampa, il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo e il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, hanno tranquillizzato tutti: «Il caso è chiuso», ha detto Grasso. La nave di cui il mondo intero ha parlato, a 480 metri di profondità nelle acque davanti a Cetraro, non è la pericolosa Cunski affondata dal pentito Francesco Fonti. «Si tratta del piroscafo Catania», ha spiegato Prestigiacomo, «costruito a Palermo nel 1906 e silurato il 16 marzo 1917 da un sommergibile tedesco ». Risultato: a bordo non ci sono fusti radioattivi, anzi la stiva è vuota e non c’è rischio per la popolazione.

I pescatori, Franco compreso, dovrebbero sentirsi sollevati: fine della paura, riprende la pesca. Invece no. Franco s’infuria e urla: «Negli anni Novanta c’erano sei o sette pescherecci a Cetraro, e due sono andati (quella notte con Fonti) a mettere la dinamite!». A questo punto, nello studio scende il gelo. Gli altri pescatori sono spiazzati ma lui continua, invitando la magistratura a indagare, «a mettere sotto torchio» chi andava per mare in quel periodo.

Il giorno dopo, la cassetta del programma viene acquisita dal procuratore capo di Paola Bruno Giordano. Intanto monta l’angoscia del pescatore Franco, isolato da colleghi e parenti. «La verità non interessa a nessuno», si lamenta con un cronista.

E non è l’unico, in Calabria, a pensarla così. Nei giorni scorsi, il deputato Franco Laratta (Pd) si è definito «sconcertato» dalla situazione. Di più: ha sollevato il dubbio che «qualcuno ci stia prendendo in giro, con depistaggi e mezze verità» tra «notizie parziali, fatti contraddittori ed eventi prima affermati e poi negati nelle e fra le istituzioni». Una sequenza di stranezze che parte il mattino del 27 ottobre, quando il procuratore Grasso si presenta alla commissione parlamentare Antimafia e dice: «Proprio stamane, mi è stato comunicato che gli ultimi riscontri non danno la certezza che si tratti proprio della Cunski, anche se il castello sembra essere compatibile con l’indicazione che viene da Fonti». L’altra ipotesi in campo, aggiunge, «è che si tratti del piroscafo Cagliari», affondato a inizio anni Quaranta.

Tutto chiaro? Al contrario. Passano poche ore, e alle 12,56 l’agenzia Adnkronos batte una nota del ministro Prestigiacomo: «Il relitto al largo di Cetraro non corrisponde alle caratteristiche della Cunski. Il Rov, il robot sottomarino, ha già svolto le misurazioni e i rilievi fotografici del relitto». Detto questo, le indagini continueranno «con il prelievo di sedimenti dai fondali, carotaggi in profondità e prelievi di campioni dai fusti». Informazioni nette, inequivocabili.

Che vengono smentite, però, alle 13,12: un quarto d’ora dopo. «Finora abbiamo fatto solo esplorazioni acustiche », affermano i proprietari della nave Mare Oceano (che sta svolgendo le analisi a Cetraro, e che risulta dell’armatore Diego Attanasio, coinvolto dall’avvocato David Mills nel processo in cui è stato condannato per aver mentito su Silvio Berlusconi in cambio di denaro). «Il Rov», aggiunge la Geolab, «farà altre esplorazioni acustiche e poi quelle visive. Non ci sentiamo di dire con certezza che quella possa o non possa essere la nave Cunski: per noi è ancora troppo presto».

Com’è possibile tanta confusione? Perché il procuratore Grasso si sbilancia a indicare all’Antimafia il nome di un relitto sbagliato? E perché il ministro Prestigiacomo parla di rilievi avvenuti, se chi li compie deve ancora iniziare?

Difficile capirlo. Come difficili da interpretare sono le altre sfasature di questa storia. A partire dalle caratteristiche della nave Catania, che stridono con i rilievi svolti sul relitto scoperto il 12 settembre al largo di Cetraro. In quell’occasione fu calcolata una lunghezza tra i 110 e i 120 metri, una larghezza di circa 20 e un’altezza di fiancata attorno ai 10. Ora, invece, basta iscriversi al sito sui disastri navali www.wrecksite.eu, per verificare che la Catania è lunga 95,8 metri, larga 13 e alta 5,5 (dati confermati anche dal sitowww.uboat.net e dal sito www.miramarshipindex.org.nz di Rodger Haworth, per mezzo secolo membro della World ship society). Insomma i numeri non quadrano: nemmeno con la conferenza stampa del 29, dove viene indicata una lunghezza di 103 metri.

Utile sarebbe, con queste premesse, sentire la versione del ministro Prestigiacomo, ma la richiesta di un’intervista cade nel vuoto. Ed è un peccato, perché c’è un altro elemento cruciale, che andrebbe chiarito. Nel senso che non coincidono il punto dove a settembre è stato individuato il relitto della presunta Cunski (latitudine 39º28’50″N, longitudine 15º41′E) e quello più a nord dov’è affondata nel 1917 la Catania (secondo tutte le fonti accessibili, latitudine 39º 32′N e longitudine 15º 42′).

I rilevamenti sul relitto al largo di Cetraro Lo scarto è di 3 miglia e mezzo: «Considerevole », dicono gli esperti: «Tanto da escludere una repentina deriva, causa correnti, nella discesa verso il fondo». Il sospetto, sussurrato da alcuni investigatori, è che il profilo della Catania non combaci con quello del relitto trovato a settembre. E ancora peggio: che qualcosa non convinca nelle comunicazioni della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, responsabile dell’inchiesta sulle navi dei veleni. Nella conferenza stampa del 29 ottobre, infatti, il vice procuratore Giuseppe Borrelli ha detto che «la stiva della nave» al largo di Cetraro era «vuota». Ma Pippo Arena, titolare della società Arena Sub e pilota del Rov nella prima ispezione alla presunta Cunski, lo smentisce: «La nave che ho ispezionato io aveva due stive. Ed erano piene, tanto che un pesce cercava di entrare e non riusciva».

Cos’ha provocato l’assoluta discrepanza tra il ricordo del pilota e le affermazioni del vice procuratore? E come va interpretata l’altra uscita della Dda di Catanzaro, pubblicata dal “Quotidiano della Calabria”? Stavolta a parlare è il procuratore capo Vincenzo Antonio Lombardo, il quale racconta che attorno alla nave c’era «una folta vegetazione» oltre a vari pesci. «Lo abbiamo visto dalle immagini (…). Ci fosse stata radioattività, tutto questo non sarebbe stato presente. La radioattività, infatti, provoca una forma di desertificazione ». Parole rassicuranti, quelle di Lombardo, perfette per placare la rabbia della popolazione locale.

Ma non condivise da Roberto Danovaro, ordinario di Biologia marina all’Università politecnica delle Marche: «È impossibile che il relitto, a quasi 500 metri di profondità, sia coperto da vegetazione», assicura: «A quella profondità, la mancanza di luce impedisce la vita di alghe o piante marine».

Non stupisce, dopo queste parole, che il consigliere calabrese Maurizio Feraudo (Idv) abbia lanciato l’ipotesi di un «colossale depistaggio». E che il Wwf scriva al ministro Prestigiacomo e al procuratore Grasso per chiedere «una perizia comparata tra il video del Rov incaricato da Regione e Arpacal (a settembre), e quello «della nave incaricata dal ministero dell’Ambiente (che ha smentito il pericolo, ndr)». Sicuramente tutto risulterà perfetto, ma al momento niente torna.

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