Crotone. Tutti contro l’amianto
Totò ha i capelli grigi, le mani grosse da lavoratore e una dannata fretta di raccontare. Pedala a passo lento sul corso di Crotone, a poche centinaia di metri dalla Casa della Cultura, dove l’associazione Fabbrikando l’Avvenire ha appena concluso il suo incontro con stampa e cittadinanza. All’ordine del giorno c’è la prima azione legale di massa che la storia di questa città ricordi: unire i lavoratori ammalatisi di cancro per il contatto con l’amianto nelle due principali fabbriche crotonesi (Pertusola Sud, di proprietà Syndial-ENI, e Montecatini, poi acquisita da Enichem) in un’azione legale collettiva contro i loro avvelenatori.
In disperata lotta contro il tempo: quello lungo della giustizia, e quello veloce, e implacabile, della malattia. Per questo, Totò ha fretta. Saluta, e senza preamboli inizia la sua storia: «Io ho lavorato nella fabbrica per trentacinque anni. Nella fabbrica c’era sempre nebbia, e l’aria piena di gas. Tutti sapevano che quel fumo uccideva. Tutti, tranne noi».
Anche lui, come centinaia di altra gente, appena consegnato la sua cartella clinica nelle mani del pool di avvocati volontari di Fabbrikando l’Avvenire: un’associazione di ex operai e membri della società civile, che da qualche anno si è messa in testa di abbattere il muro di gomma che circonda l’ex zona industriale a ridosso del mare, e della città. «Io sono stato già operato tre volte – racconta con spiazzante lucidità – e lo so che le medicine non fanno niente. Ma il problema, avvocà, è che quando ce ne andiamo noi la verità ci segue nella tomba. E allura ti salutu».
Per questo vuole sapere. Chiede insistentemente se la causa inizierà a maggio, o a giugno, e se si saprà qualcosa entro l’anno. «Ma il lavoro da fare – avvertiva poco prima in conferenza stampa Pino Greco, ex operaio di Pertusola Sud e presidente dell’associazione – è ancora tanto». Tutto è cominciato con la produzione di un Libro bianco sull’amianto a Crotone, con cui la sua associazione per la prima volta ha testimoniato la massiccia presenza in città dell’amianto, esponendone i rischi, qui aggravati da una «promiscuità ancora oggi preoccupante – come si legge, all’interno del libro bianco, nella relazione del Responsabile del servizio di prevenzione igiene e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Asp di Crotone – tra l’ex area industriale e la catena di produzione alimentare: campi di coltivazione, caseifici, mercati ortofrutticoli». E poi le case, le prime a un tiro di schioppo. Infine i rischi altissimi per le migliaia di operai e dipendenti dell’indotto che «per otto ore al giorno, e per quarant’anni, sono stati esposti alle stesse sostanze tossiche, a concentrazioni infinitamente maggiori di quanto le stesse non siano a livello ambientale».
Il secondo passo è stato convincere gli ex lavoratori ammalatisi, che il loro risarcimento è un diritto civile: «Abbiamo raccolto centinaia di cartelle cliniche – racconta l’avvocato Iannone – fra i dipendenti che hanno già intentato (e perso) la causa civile contro Pertusola Sud e le altre industrie, e fra quelle persone che, per mancanza di fiducia nella Giustizia, per la psicosi a documentarsi sul proprio stato di salute, o per il dolore privato della malattia in atto, non hanno ancora mai pensato alla possibilità di chiedere un risarcimento».
Per tutti questi motivi, specifica Iannone, «non c’è ad oggi in città una coscienza civica degli ex lavoratori e dei cittadini sull’entità dei danni alla salute e all’ambiente causati dall’amianto in tutti questi anni». Da domani, la loro azione legale sarà triplice: aiutare i dipendenti ammalatisi e i familiari di quelli già deceduti a costituirsi parte civile nei processi penali in atto, fornire nuove prove ai circa duemila procedimenti civili tuttora in corso, e intentare nuove cause per il ristoro dei danni subiti. La salute, quella nessuno potrà riaverla.