Il mistero del Cesio 137, nel 2011 l’Ispra disse “No”
Ma al processo gli esperti hanno confermato, Ancora troppi dubbi e misteri sul caso
di Valerio Panettieri su “Il Quotidiano del Sud” del 17 apr. 2018
COSENZA, 17 apr. 2018 – La presenza del Cesio 137 sotto terra nella briglia del fiume Oliva a pochi passi da Serra d’Aiello è certamente, tra le tante, la cosa più inquietante di questa vicenda ormai decennale.
E non è stata mai accertata al di là di ogni ragionevole dubbio. Anzi, negli anni l’Ispra ha anche derubricato quelle rilevazioni come “figlie” della radioattività di fondo di Chernobyl.
Questo radionuclide infatti è esclusivamente di origine artificiale. La sostanza che è stata ritrovata in alcuni fanghi, presumibilmente scarti industriali, e nel corso del tempo in base alle analisi fatte dagli esperti si è distribuita anche nelle zone limitrofe. Il Cesio, calcolato in Becquerel al chilogrammo, in alcune zone ha superato il valore di 93 Bq/Kg. Tutto questo distribuito in più aree: Foresta, Carbonara e Giani tra Serra D’Aiello e Aiello Calabro. Questo potrebbe aver generato un aumento delle patologie tumorali nella zona, a partire da tumori maligni del colon, retto, fegato e mammelle. Il periodo preso di riferimento sarebbe quello tra il 1992 e il 2001, quando venne registrato un eccesso statisticamente significativo di ricoveri ospedalieri per analoghe patologie rispetto a tutto il territorio regionale. E poi c’è la morte di un pescatore per neoplasie polmonari e le lesioni generate ad un altro uomo, a causa di una sarcoidosi con interessamento polmonare. I due, non residenti lì, dal 1993 avevano passato parecchie giornate in zona per pescare trote e anguille, proprio sotto la briglia in questione. Il rischio è che tutta questa fogna chimica sia passata direttamente nella catena alimentare, finendo per contaminare un’area più ampia rispetto al semplice percorso del fiume fino alla foce. Da dove arriva il cesio invece resta un mistero, vista la profondità è davvero colpa della centrale dell’ex Urss? Il sospetto è che sia il risultato di uno smaltimento illegale dei bidoni spiaggiati assieme alla motonave Jolly Rosso, anche se una verità storica non è stata mai accertata.
Certo, nel 2008 furono rilevate per la prima volta da un consulente della Procura, inizialmente suffragate dall’Ispra e infine confermate nel 2015 da un dipendente dell’agenzia per l’ambiente della Lombardia in fase dibattimentale, che ne ha individuato le cause in “residui di lavorazione industriale contaminati da sostanze certamente radioattive”.