Caccia grossa ai fusti tossici
Caccia grossa ai fusti tossici
Dopo il memoriale pubblicato da ‘L’espresso’ il boss pentito della ‘ndrangheta ha guidato gli inquirenti nei siti segreti in Basilicata. Un drappello di auto. Un elicottero. Carabinieri. Forestale. Le foto e il racconto
di Riccardo Bocca
Il corteo è composto da quattro auto e una camionetta dei Carabinieri. Sono appena passate le 11 del mattino di sabato 25 giugno quando in Basilicata inizia un sopralluogo segreto. Un’operazione che “L’espresso” segue in tutte le sue fasi, da un nascondiglio tra la vegetazione. A bordo di un’Alfa Romeo 156 grigio metallizzata c’è un ex boss della ‘ndrangheta condannato a trent’anni per associazione a delinquere e traffico internazionale di stupefacenti. Lo stesso uomo (di cui per ragioni di sicurezza copriamo l’identità) che lo scorso mese ha consegnato alla Direzione nazionale antimafia un esplosivo memoriale. Pagine pubblicate dal nostro giornale nelle quali confessa un episodio gravissimo: il seppellimento nel 1987 di 100 fusti radioattivi sotto il terreno lucano. Sostanze a suo dire provenienti dal centro Enea di Rotondella, incluse in una partita di 600 bidoni smaltita in parte sulle coste somale. Logico che da settimane la popolazione sia in allarme, e le istituzioni pure. La Commissione bicamerale per il ciclo dei rifiuti si è affrettata ad audire molti protagonisti del caso. Continue sono state le iniziative dei politici locali, le interrogazioni parlamentari e le assemblee degli ambientalisti, seguite dai primi rilievi di Provincia e Regione in collaborazione con Forestale e Carabinieri. Tanto lavoro in attesa dell’appuntamento più importante, rimasto fino all’ultimo riservato. Nessuno doveva sapere che venerdì 24 un’auto civetta dei carabinieri avrebbe prelevato il pentito della ‘ndrangheta da una cittadina del nord e lo avrebbe trasferito in provincia di Matera. Nessuno doveva immaginare che il giorno successivo la stessa persona avrebbe guidato gli inquirenti sul posto dove, a suo dire, coordinò il seppellimento dei fusti radioattivi. Nel suo memoriale, l’ex boss era stato generico sulla località in questione. Aveva citato l’area di Coste della Cretagna, un territorio tutto sassi, cespugli e vipere. Aveva dato come punto di riferimento anche Pisticci, comune a una cinquantina di chilometri da Matera, citando il fiume Vella che taglia verticalmente la zona. Stavolta invece è stato assai più preciso, senza incertezze. “Andiamo a Craco Vecchio”, ha detto ai dirigenti della Forestale. E così è stato. Gli investigatori e il pentito hanno puntato verso questo borgo antico, oggi cumulo di affascinanti rovine a 18 chilometri da Pisticci. Poi, alle 11 e dieci di sabato mattina, le automobili sono scese per una stradina in parte sterrata. Lentamente, a fari accesi, hanno raggiunto la base della collina e costeggiato un campo non coltivato, fino a raggiungere la parte di prato delimitata da un canneto. Lì scorre il torrente Salandrella, che nel suo ultimo tratto prende il nome di Cavone e che nell’87 aveva un corso differente. “Contavo su tre punti di riferimento”, spiega il pentito tramite l’avvocato Claudia Conidi (che con Guglielmo Busatto cura la sua difesa): “Una chiesa, una casa diroccata e una cripta con immagine sacra. Malgrado siano passati oltre 15 anni, li ho ritrovati subito. Anzi, ho precisato a chi mi accompagnava che la strada ai tempi non finiva dove termina adesso, ma andava oltre. E il particolare è stato accertato dai tecnici presenti”. Una versione confermata dagli uomini della Forestale: “La prudenza in questi casi è indispensabile”, dicono, “ma se quest’uomo è un attore, è un attore straordinario”. “Ora”, aggiunge Pino Giove, responsabile della Forestale di Matera, “abbiamo una segnalazione dettagliata. Non ci resta che lavorare senza fretta, in modo da evitare qualunque imprecisione”. Scrupolo è stata la parola d’ordine anche durante il sopralluogo. Giunti al fiume Salandrella, gli uomini della scorta e della Forestale, affiancati da Marco Marchetti dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, sono scesi dalle auto e hanno ispezionato a piedi l’area, mentre un contadino continuava ignaro ad arare il terreno confinante. Nessuno poteva immaginare che la scena fosse osservata. Per depistare eventuali curiosi o malintenzionati, la Forestale aveva inviato nel vicino comune di Ferrandina altri uomini. In piena tranquillità, alle soglie del mezzogiorno, gli investigatori sono poi ripartiti verso Craco Vecchio, dove hanno imboccato una strada parallela che li ha portati dall’altra parte della vallata. Qui, mentre la temperatura toccava i 43 gradi, hanno coordinato le operazioni e atteso che atterrasse un elicottero della Forestale, sul quale sono stati caricati l’ex boss e il materiale necessario per i successivi rilievi. Quali, con esattezza? Domandarlo al sostituto procuratore Felicia Genovese è un esercizio retorico. Tace e lavora, senza indiscrezioni. Una linea apprezzata da tutti, anche se segnata da scelte particolari. Ad esempio, quella di non partecipare al sopralluogo con il pentito, che pure aveva incontrato mesi prima per le stesse indagini. O di avere scritto assieme al procuratore capo di Matera, Giuseppe Galante, una lettera al tribunale di sorveglianza nella quale ha citato con nome e cognome il pentito, precisando che “nel corso dell’interrogatorio del 29 aprile scorso e in interviste rese a “L’espresso” ha dichiarato la propria disponibilità ad indicare il luogo ove presumibilmente si trovano le cose pertinenti al reato per cui questo ufficio procede”. Parole che hanno preoccupato l’ex boss, il quale commenta: “Non ho capito che bisogno c’era di svelare in un fax che sono io l’autore del memoriale, mettendo così a rischio la mia incolumità”. Anche in passato, a dire il vero, i rapporti tra l’ex boss e il sostituto procuratore Genovese non sono stati idilliaci. Ma questo non ha danneggiato il sopralluogo di sabato scorso: “Sono sceso a Craco non per fare polemiche ma per aiutare i magistrati”, dice l’ex boss tramite il suo avvocato. “Ora lavorino per individuare i fusti. Trovarli mi darebbe enorme soddisfazione, anche se in questi anni possono essere successe molte cose”. In che senso? Geografico, in primo luogo. La Forestale, il cui elicottero ha analizzato per ore il territorio, spiega che la vallata sotto Craco Vecchio è stata tormentata negli anni da alluvioni, e che ciò ha ridisegnato la morfologia della zona. Per questo, precisa, le ricerche richiederanno tempo. Per la stessa ragione, durante il sopralluogo, è stato avviato un doppio tipo di controllo: prima dall’alto con i raggi infrarossi, e poi a terra con i magnetometri, sondando l’intera area metro per metro. Al termine di questa verifica, si potrà ufficialmente sapere se i fusti sono seppelliti a Craco. Qualora l’esito fosse negativo, si presenterebbe una pesante serie di domande: qualcuno in questi anni ha fatto sparire le scorie? Le profonde trasformazioni subite dal terreno non permettono l’individuazione del materiale radioattivo? O il pentito non ha semplicemente detto la verità? “Quest’ultima ipotesi”, afferma uno degli investigatori, “sarebbe facilmente cavalcata da coloro che vogliono soffocare le indagini. In questi giorni la tensione in Basilicata è grande, come la lista dei politici preoccupati. Chiediamo solo”, conclude, “di lavorare in pace, sperando di restituire al più presto serenità alla popolazione”. Un obiettivo che le autorità locali mettono al primo posto. La zona, dopo il sopralluogo di sabato, è sotto costante monitoraggio. Un reporter che è riuscito a raggiungere Craco Vecchio e ha rubato qualche immagine si è visto cancellare la scheda della macchina fotografica, ritrovandosi poi seguito da un’automobile. Quanto all’ex boss della ‘ndrangheta, domenica mattina è tornato al nord a bordo di un elicottero della Guardia forestale che ha fatto tappa per il rifornimento di carburante a Napoli e Cecina. “Sono sempre a disposizione”, dice il pentito tramite il suo avvocato, “per accertare i fatti dei quali sono stato protagonista. L’unico cruccio”, conclude, “è un’evidente leggerezza compiuta della polizia giudiziaria. Nel verbale di sopralluogo a Craco Vecchio, ha indicato l’indirizzo dove sono in detenzione domiciliare per gravi ragioni di salute. Mi domando, ancora una volta, perché debba essere esposto a simili pericoli”.