L’ingegnere affossa scorie
L’ingegnere affossa-scorie
Una vita tra armi, amicizie potenti e rifiuti radioattivi. Ecco chi è Giorgio Comerio, per i pm legato al caso della Rosso
7 Ottobre 2004
di Riccardo Bocca
Chi è davvero Giorgio Comerio? Per scoprirlo bisogna partire da Busto Arsizio, in provincia di Varese, dove è nato 59 anni fa, e sbarcare a Panama, nell’ufficio di un superministro del presidente della Repubblica in carica, Martin Torrijos. Il viaggio merita la spesa, perché l’ingegner Comerio non è un personaggio qualsiasi. Il governo italiano lo definisce “noto trafficante d’armi, in contatto con altri noti trafficanti d’armi e coinvolto nella fabbricazione di telemine destinate a paesi come l’Argentina” (parole del ministro per i rapporti col Parlamento Carlo Giovanardi). Altrettanto pesante è stata la sua ex compagna Giuseppina Nitti, descrivendolo come appartenente ai servizi segreti in rapporti con uomini della mafia. E a completare il ritratto ci hanno pensato i magistrati che indagano sul traffico internazionale dello smaltimento di rifiuti tossico-nucleari. Più volte lo hanno indicato come elemento chiave, con attività ben oltre la soglia del lecito, ma finora nessuna di queste ipotesi ha portato alla sua incriminazione. Il motivo sta nella storia stessa di Comerio e nelle sue relazioni internazionali. Un dedalo a cui si accede partendo dal caso della motonave Rosso, spiaggiata sulla costa calabrese il 14 dicembre del 1990 dopo un principio di affondamento. Il sospetto degli inquirenti è che l’armatore Messina volesse colare a picco la Rosso, e che a bordo ci fossero rifiuti tossici o nucleari da smaltire in fondo al mare. Ma anche che Comerio fosse legato al destino della nave. Solo due anni prima, confermano i Messina, l’ingegnere s’era proposto per acquistare la Rosso, e dopo lo spiaggiamento furono trovati sulla plancia documenti di una sua società. Il particolare non è da poco. La società in questione si chiama infatti Oceanic Disposal Management Inc. (Odm) e il suo nome appare racchiuso in un triangolo dal sapore massonico sul dossier di presentazione dell’azienda. Sottotitolo: “Penetratori per il seppellimento delle scorie nucleari”. Seguono 25 pagine in cui l’ingegnere presenta nei dettagli quello che a suo dire è un progetto sicuro ed ecologico: sparare sotto i fondali marini la pattumiera nucleare di governi e privati stipandoli in missili. “Fin dal 1977″, spiega, “i paesi che conducevano ricerche nel settore del seppellimento delle scorie radioattive hanno collaborato all’interno dell’agenzia nucleare Oecd (Organization for economic cooperation and development). I membri del gruppo di lavoro erano Belgio, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Olanda, Svizzera, Usa e Comunità europea (…)”. Dunque l’Odm, dice Comerio, “intende realizzare il seppellimento delle scorie sulla base degli studi Cee”. Tralascia di specificare, l’ingegnere, che quello stesso progetto era stato abbandonato dalla Cee segnalando la necessità di ulteriori ricerche. E dichiara invece al sostituto procuratore Francesco Neri di Reggio Calabria: “Il mio progetto è moralmente e scientificamente valido rispetto a quello che molti governi fanno buttando in mare rifiuti radioattivi senza le cautele che io invece propongo”. La domanda che tutti, magistrati e ambientalisti, si sono posti in questi anni è: il piano che Comerio ha “ereditato” dagli studi Cee è rimasto sulla carta, oppure è stato realizzato? Un primo indizio importante si trova nella copia standard di contratto su carta intestata Oceanic Disposal Management in possesso de “L’espresso”. L’oggetto indicato nel documento è “la collocazione sotto il fondo del mare di speciali penetratori M 44, ciascuno dei quali munito di contenitori di scorie già pronti e sigillati dal cliente”. Ma la cosa più clamorosa è la descrizione che la Odm fa di se stessa, indicando tra i suoi vari indirizzi quello di un impianto di assemblaggio realizzato a Riga, in Lettonia, dalla joint-company Latvian Disposal Industry (sede legale al 23 di Aizkraukles iela, all’Istituto universitario di meccanica del polimero). Dunque i casi sono due: o si tratta di millanterie, oppure quello che a prima vista potrebbe sembrare un piano fantascientifico non lo era affatto. Stabilire la verità spetta ai magistrati, ma nel frattempo è interessante vedere come Comerio si sia mosso per piazzare i suoi servizi, chi gli abbia dato una mano e con chi abbia stretto accordi. Un lavoro svolto da “L’espresso” in parallelo con Greenpeace, organizzazione che più volte ha denunciato i presunti traffici di Comerio. Dai suoi dossier emerge, ad esempio, il nome dell’austriaco Manfred Convalexius, titolare di un grande gruppo specializzato in trasporti con una società mirata al settore chimico. Già nel 1988, spiega Greenpeace, Convalexius aveva cercato come agente esclusivo della Multidyne International Inc. di esportare 4 mila 680 barili di rifiuti radioattivi dal porto bulgaro di Varna a Panama, finendo all’ultimo bloccato dal ministro della Salute. Ma era solo uno stop momentaneo. Scrive infatti suo figlio, Convalexius Jr., a Comerio in un fax del 25 aprile 1990: “Mio padre e i suoi soci confermano che sono in grado di invitare i leader politici di Germania dell’Est, Cecoslovacchia e Ungheria a partecipare all’evento del seppellimento dei rifiuti atomici presso le isole Azzorre”. Com’è finita? Si è svolto l’incredibile show? Nessuno lo ha mai svelato. E altrettanti punti di domanda li solleva un altro fax, scritto su carta intestata dell’Ente elettrico cecoslovacco che allora gestiva le centrali nucleari. È la richiesta da parte del Gruppo Convalexius a Giorgio Comerio di chiarimenti tecnici in previsione di un incontro il 15 giugno 1990 a Bratislava. Riunione confermata da un fax che la Comerio Industry ltd spedisce a Convalexius indicando l’ora in cui il capo sarebbe arrivato a Vienna (10,45) e il momento più propizio per spostarsi a Bratislava (il pomeriggio stesso). Che cosa dovessero trattare Comerio, Convalexius e l’Ente elettrico è solo immaginabile, nel senso che nessun investigatore ha cercato prove a riguardo. Resta il fatto che in un fax inviato il 23 febbraio 1990 da Renato Pent (socio di Comerio, secondo gli inquirenti “noto trafficante d’armi”) e Comerio a Convalexius, gli si prospetta un preciso accordo economico: “Possiamo darle”, si legge, “il 50 per cento di tutti i profitti se lei verserà la metà di tutte le spese e dei capitali investiti”. Mentre per quanto riguarda lo specifico business dei rifiuti ad alto livello radioattivo, si propone a Convalexius di diventare agente esclusivo per Austria e Cecoslovacchia fino al ’93 alle seguenti condizioni: “Giro minimo d’affari 20 milioni di dollari l’anno; budget minimo per promozioni, pubbliche relazioni e attività politica 18 mila dollari l’anno”. Di teorico, in queste note, c’è ben poco. E d’altronde sono gli stessi amici di Comerio che, interrogati, disegnano la mappa del suo preoccupante iperattivismo. Pent, ad esempio, racconta di un incontro dell’ingegnere con quattro ministri austriaci alla presenza del solito Convalexius. Precisa anche che si era “preliminarmente accordato col Comerio per fornirgli mezzi pesanti speciali per il trasporto del materiale radioattivo verso i porti d’interesse”, e che aveva appreso dal Comerio che “i punti d’affondamento non riguardavano il Mediterraneo, bensì un punto vicino alle coste degli Usa, uno presso il Giappone, un altro al largo delle isole Canarie e infine un altro a nord-ovest dell’Africa”. Gli inquirenti da parte loro affermano che nel 1994 l’Odm è “in fase di trattative con l’Ucraina, e precisamente con quattro suoi ministri, in quanto quest’ultimo Paese è alla ricerca disperata di smaltire un ingente quantitativo di rifiuti radioattivi”. Per non parlare degli infiniti contatti di Comerio e soci con gli Stati africani, documentati nel dossier “The Network”: “Tra il 1994 e il 1995″, documenta Greenpeace, “Odm ha avuto rapporti con almeno 16 nazioni africane attraverso consolati e ambasciate in Italia, Francia e Belgio, o tramite mediatori”. Questi Stati sono: Angola, Benin, Capo Verde, Congo, Gambia, Ghana, Guinea Bissau, Guinea Conakry, Costa d’Avorio, Marocco, Senegal, Sierra Leone, Somalia, Sudafrica, Togo e Zaire. Un panorama impressionante di fronte al quale gli inquirenti, quando chiedi chiarimenti, rispondono: tutto può essere successo. O anche no. Di certo, spiega Greenpeace, “l’investimento previsto in Sierra Leone per le operazioni era di 77 milioni di dollari, più o meno il 12 per cento del Prodotto interno lordo e il 40 per cento in più della riserva della Banca centrale”. Quanto ad Angola, Ghana e Congo, Comerio si presentò come un industriale europeo, spingendosi a chiedere in Gambia (con le autorità locali favorevoli) il permesso di costruire un impianto nucleare. E l’elenco delle iniziative Odm potrebbe continuare, citando le trattative dell’Odm con il governo svizzero. Oppure la mediazione, testimoniata da un fax del 6 settembre 1997, che l’Odm ha svolto tra la società indiana Solsons Exim e l’organizzazione Pakistan Christian Rehabilitation Association, interessata all’acquisto di 50 mila tonnellate metriche di Urea N 46% (urea al 46 per cento di azoto), sostanza chimica potenzialmente esplosiva se abbinata a sostanze molto ossidanti. Ma al di là di tutte le carte, al di là di ogni traccia o indizio, la domanda è: come ha potuto, questo misterioso ingegnere di Busto Arsizio, costruire una rete di rapporti mondiali ai massimi livelli? Com’è riuscito a farsi ricevere da ministri e uomini d’affari? Chi gli ha permesso di trattare con tutto e tutti senza mai scottarsi? Per capirlo, Greenpeace ha fatto analizzare dalla società Irwin & Bates la ragnatela degli interessi di Comerio. E il risultato è sorprendente. A costituire la sua Oceanic Disposal Management Inc. Holding S.A., registrata in Lussemburgo, sono state infatti due società, la Gibson Finance Limited e la Enfield Trading Limited, entrambe international business company con sede a Tortola, nelle Isole Vergini inglesi, ed entrambe con la stessa casella postale (P.O. Box numero 3.174). Il che, sottolinea Greenpeace, “consente di affermare che le due società sono governate dallo stesso centro d’interessi”. Un elemento importante, perché a firmare l’atto di costituzione della Gibson Finance Limited non è stato un fiduciario qualunque, bensì Ebrahim Asvat in persona, avvocato potentissimo a Panama. Cinquantenne di origine indostana, studi ad Harvard ed esperto di diritto finanziario marittimo, Asvat è socio del celebre studio Patton, Moreno & Asvat, oltre che presidente del quotidiano nazionale “El Siglo”. Ma soprattutto è stato capo della Polizia nazionale dal 1990 al 1991 dopo l’invasione di Panama da parte degli Stati Uniti, mentre oggi è il superministro del governo Torrijos incaricato di vigilare sull’operato dei colleghi. Una posizione che il giornale on line “The Panama News” commenta così: “Soltanto il tempo dirà se Asvat è il cane da guardia per estirpare la corruzione, o se dietro a lui c’è una nuova fonte di intrighi governativi”. In entrambi i casi sarà interessante capire come la strada di questo illustre panamense e quella di Comerio si siano incrociate. E soprattutto come e quanto le due società Gibson Finance e Enfield Trading abbiano indirizzato le strategie della Comerio Industry Inc.. Un segreto che probabilmente conosce solo l’ingegner Comerio, il quale di intrecci e relazioni mondiali è assai esperto. Ancora adesso. Basta andare sul sito www.buyersindex.com, cliccare sul nome Comerio Industry Inc. e spunta la società Cnt. Stavolta niente Panama: lo scenario è quello di Menzel Bourguiba, in Tunisia, dove nel marzo 2004 risulta attivo un cantiere navale.